Svimez, il Sud riparte grazie all’agricoltura

Il Rapporto: crescono valore aggiunto, esportazioni, investimenti e occupazione, al Sud più che al Nord. Galantino: prioritaria lotta alla criminalità

crescono valore aggiunto, esportazioni, investimenti e occupazione, al Sud più che al Nord. Galantino: prioritaria lotta alla criminalità

aggiunto, esportazioni, investimenti e occupazione, al Sud ancor più che al Nord», si legge nel testo. Nel 2015 infatti il Pil del Mezzogiorno registra una crescita dello 0,8%, a fronte dello 0,5% nel Centro-Nord, e «protagonista della ripresa dell’economia meridionale è l’agricoltura: la sua crescita (+7,3%%) è molto maggiore di quella dell’agricoltura del Centro-Nord (+1,6%) e, nell’area, estremamente migliore di quella dell’industria (-0,3%) e dei servizi (+0,8%)». Se il valore aggiunto agricolo nel 2015 in Italia ha superato i 33 miliardi, tra 2014 e 2015 «l’incremento in termini reali – osserva lo Svimez – è stato del 7,3% al Sud contro l’1,6% del Centro-Nord». Calabria e Campania le regioni trainanti, «con aumenti del valore della produzione superiori al 40%».

L’agricoltura ha assunto un ruolo di primo piano anche nella creazione di nuova occupazione giovanile al Sud. Nell’anno accademico 2015/2016 gli immatricolati all’università del gruppo agrario hanno raggiunto un livello di quasi il 20% maggiore rispetto a dieci anni prima. Il Rapporto mette in luce proprio questo «crescente protagonismo dei giovani»: nella prima metà del 2016 l’occupazione giovanile in agricoltura è cresciuta dell’11,3% in Italia, e del 12,9% al Sud. Una crescita alla quale ha dato un decisivo contributo il lavoro a tempo pieno (+14,4%). In forte crescita  anche l’imprenditorialità giovanile agricola, con un saldo positivo, nei primi mesi del 2016, di quasi 20mila imprese al Sud. «Il maggior contributo – si legge nel Rapporto – è venuto dalla Basilicata, dalla Calabria e dal Molise, seguite a ruota da Campania, Sicilia e Sardegna».  Andamenti incoraggianti ma, avvertono gli esperti, ancora «insufficienti ad assicurare un adeguato ricambio generazionale» a causa «dell’inerzia degli squilibri del passato». Si tratta di un fenomeno preoccupante, a cui si sta tentando di rispondere con misure dedicate al primo insediamento e con politiche di sostegno e detassazione dell’imprenditoria giovanile. L’attrazione che l’agricoltura esercita nelle giovani generazioni resta comunque, per i ricercatori Svimez, l’elemento da cui partire per rafforzare un quadro che fa ben sperare sul versante occupazionale.

Per il segretario generale della Cei Nunzio Galantino il primo punto di un’agenda per il Mezzogiorno deve essere «la lotta alla criminalità»: laddove vi siano «forze criminali che condizionano l’agire degli uomin – ha precisato – non c’è e non ci può essere sviluppo». Ma tra le «precondizioni per una politica di sviluppo» Galantino ha citato anche il preso della burocrazia. «Troppi progetti naufragano per sfiducia, stanchezza e una burocrazia che quanto a vessazioni» opera in maniera analoga alla «criminalità», ha osservato, aggiungendo: «È mortificante sentire parlare di amministrazioni che fanno poco o nulla per trattenere ingenti finanziamenti europei. Si chiama incapacità di amministrazione e di progettazione». L’auspicio allora è che «le forze politiche presenti ai vari livelli – Stato, Regione, Provincia e Comuni – individuino linee d’intervento condivise sulle quali concentrare sforzi e risorse: dallo sviluppo di nuovi settori industriali alla realizzazione di nuove infrastrutture, per finire con la creazione di scuole di formazione dalle quali far uscire le figure professionali richieste dai nuovi settori».

Il Mezzogiorno, ha osservato ancora il segretario generale della Cei, «riproduce al suo interno i paradossi del sistema agro-alimentare mondiale, nel quale la crescita della produzione agricola coesiste con squilibri nutrizionali». E resta il luogo in cui si concentrano «nuove e vecchie forme di povertà acuite dalla crisi». Se la povertà alimentare è aumentata di sei punti in Italia fra il 2006 e il 2014, «le famiglie che non riescono a inserire almeno una componente proteica nei loro pasti ogni due giorni sono il 16,4% in Puglia e il 14% in Campania, dati entrambi più elevati della media greca. Il dato è ancora più – ha aggiunto Galantino – grave se si considera che la povertà alimentare colpisce in particolar modo le famiglie numerose e i giovani fino a 17 anni, minando alle basi le possibilità di sviluppo armonioso del capitale umano già gravemente compromesse dalla ripresa della emigrazione e dalle dinamiche demografiche che colpiscono il Mezzogiorno».

Eppure, «grazie alla ricchezza bio-culturale dei suoi territori e della sua agricoltura», il Sud ha la possibilità di trasformarsi in un «laboratorio di sostenibilità economica, sociale, ambientale e istituzionale di rilevanza globale». Aprendo la strada a percorsi «alternativi al modello “neo-produttivista”». La condizione necessaria, ha evidenziato ancora monsignor Galantino, è che il Mezzogiorno sia supportato da «dinamiche capaci di trasformare in valore non solo economico, ma anche sociale, culturale e collettivo la diversità bio-culturale che il Sud ha preservato e continua a coltivare nella ricchezza dei suoi territori e dei suoi saperi diffusi». Legato a questo, «c’è bisogno – ha aggiunto – di un’agricoltura che, in una visione sistemica della società e dell’economia, si ponga come snodo fondamentale per un ripensamento dei modelli di welfare e di programmazione territoriale in nome della resilienza, della sostenibilità e della dignità umana, elementi la cui fragilità ci è stata mostrata appieno dagli effetti della crisi italiana e globale».

22 febbraio 2017