Crisi in Ucraina: la veglia di Sant’Egidio

La serata di preghiera a Santa Maria in Trastvere, guidata dall’arcivescovo Gallgher, in risposta all’appello del Papa. «Dobbiamo riconoscerci fratelli di tutti»

«Apriamo il nostro cuore a sentimenti di pace e fraternità, invocando la fine di ogni tensione affinché non si costruiscano più muri o ostacoli tra la concordia degli uomini». Così l’arcivescovo Paul Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati della Santa Sede, ha aperto la veglia di preghiera per la pace in Ucraina organizzata ieri sera, 26 gennaio, nella basilica di Santa Maria in Trastevere dalla Comunità di Sant’Egidio. La Comunità ha infatti raccolto l’appello di Papa Francesco, che durante l’Angelus di domenica scorsa si è rivolto «a tutte le persone di buona volontà», affinché «elevino preghiere a Dio» per chiedere «un’iniziativa politica al servizio della fratellanza umana» e non agli interessi di parte. Proprio il pontefice ha proposto un momento di preghiera per la giornata di ieri, esprimendo «preoccupazione per l’aumento delle tensioni che minacciano di infliggere un nuovo colpo alla pace in Ucraina e mettono in discussione la sicurezza nel Continente europeo».

«Sappiamo tutti – ha sottolineato Gallagher – quanto drammatica sia la guerra e abbiamo continuamente davanti agli occhi le sue crudeli conseguenze. Sono situazioni dolorose, che privano tanti uomini e donne dei più fondamentali diritti umani». Quindi ha messo l’accento sulla tristezza «nel vedere popolazioni intere soffrire per i fatti provocati dalla mano dell’uomo, che agisce non per scatti d’ira ma con drammatica e sistematica consapevolezza e dunque diventa crudele e colpevole».

La veglia si è tenuta in contemporanea con la preghiera della comunità di Kiev, presieduta da monsignor Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina, nella parrocchia di Sant’Alessandro. Pensando al popolo ucraino, Gallagher ha ribadito come «non possiamo che dirci tutti quanti sconfitti quando si arriva a situazioni del genere, ma allo stesso tempo – ha ricordato – siamo tutti responsabili nel costruire progetti di pace come il Signore ci ha insegnato. Dobbiamo riconoscerci come fratelli di tutti – ha concluso – sia di chi provoca la guerra, sia di chi la subisce. Questo non significa giustificare i primi, ma, anzi, sottolineare le loro colpe e la necessità di cambiare rotta, così come significa farsi prossimi al dolore dei secondi».

27 gennaio 2022