Quando la santità ha il volto dei giovani

Alla vigilia dell’apertura del Sinodo, una tavola rotonda organizzata da Azione cattolica, Scuola di santità Pio XI e associazione Amici di Lorena. Al centro, la testimonianza di Nennolina e Lorena D’Alessandro

I santi. Figure che si reputano irraggiungibili. Testimonianze di vita che si considerano inimitabili ma spesso hanno il volto sorridente di giovani. Antonietta Meo, Lorena D’Alessandro. Sette anni da compiere la prima, quasi sedici la seconda. Due adolescenti romane che hanno amato la vita e il prossimo, nonostante le atroci sofferenze inflitte dalla malattia. Alla vigilia dell’apertura del Sinodo dedicato ai giovani le loro storie sono state al centro della tavola rotonda “La santità: una chiamata per tutti, un cammino verso la gioia”, organizzata da Azione cattolica, Scuola di Santità Pio XI e dall’associazione Amici di Lorena, svoltasi ieri sera, martedì 2 ottobre, nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme e moderata dal direttore di Romasette.it Angelo Zema.

Papa Francesco nell’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate” sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo fa presente che la santità è a portata di tutti e ci sono «santi della porta accanto». Monsignor Maurizio Tagliaferri, relatore della Congregazione delle cause dei santi, analizzando il documento di Bergoglio ha rimarcato che il testo «si preoccupa di offrire una pista per la gente semplice, dalla vita ordinaria» e per questo insiste molto nell’abbandonarsi completamente alla volontà di Dio «per fare cose grandi». Antonietta, da tutti conosciuta come Nennolina, e Lorena possono per questo essere un esempio da imitare.

La storia di Nennolina è stata tracciata da Anna Teresa Borrelli, postulatrice della causa di beatificazione della bambina dichiarata venerabile il 17 dicembre 2007. Nella primavera del 1936 le diagnosticarono un osteosarcoma che rese necessaria l’amputazione di una gamba. Non aveva ancora sei anni. Già da piccolissima aveva intrecciato un rapporto solido con Gesù, che considerava l’amico al quale raccontare la sua giornata e al quale indirizzare lettere che dettava alla mamma. Quando poi si è ammalata Cristo è stato Colui con il quale condividere la sofferenza, ha spiegato la postulatrice, e infine Colui al quale ha offerto la sua vita. «Ha ringraziato Gesù per il dono della malattia perché ha potuto offrire la sua sofferenza per i peccatori» ha spiegato Borrelli.

L’8 aprile 2003 si è invece conclusa presso il Vicariato di Roma la fase diocesana della causa di beatificazione di Lorena D’Alessandro. Nel 1974 aveva appena 10 anni quando subì un trapianto osseo per un tumore alla gamba sinistra. Due anni dopo il male si ripresentò e le fu amputata la gamba. Non si è mai abbattuta ha proseguito gli studi con profitto al liceo classico e ha sempre partecipato alle attività della parrocchia Madonna di Czestochowa, dove era catechista e cantava nel coro. Nel gennaio 1981 le fu diagnosticato un tumore al polmone sinistro con metastasi diffuse, che la portò alla morte in appena tre mesi.

Paolo Vilotta, da poco postulatore della sua causa, ha osservato che è un «dovere divulgare la storia delle due ragazze e far conoscere la gioia con la quale hanno vissuto la malattia». Don Patrizio Milano, assistente spirituale dell’associazione Amici di Lorena, si è soffermato sulla dimensione spirituale della ragazza che «viveva e condivideva la fede con gli altri e che aveva fatto dell’amore il leitmotiv della sua vita». Per il sacerdote quella di Lorena è una figura da presentare ai giovani «come punto di riferimento per andare avanti nella ricerca di Dio».

Sulla «fede adulta» delle due adolescenti, simile a quella di «tanti giovani santi che vivono a Roma», si è soffermato invece don Antonio Magnotta, direttore del Servizio diocesano per la pastorale giovanile. L’obiettivo che ha delineato: accompagnare questi ragazzi che abitano la città a vivere nel concreto la loro vocazione. «Dobbiamo fare in modo che gli spazi nei quali crescono siano colmi d’amore – ha detto -. Abbiamo davanti un’umanità bella che deve essere coinvolta in una comunità viva». Quindi ha confidato il suo «sogno»: poter vedere a Roma edificate delle chiese intitolate ai giovani santi della diocesi.

In sala erano presenti i familiari di Lorena: la mamma Alba, la sorella Simona e il fratello Tonino, che l’ha definita «una ragazza straordinaria nell’ordinario. Era un fiume in piena che già a 14 anni si esprimeva come una persona che aveva conseguito due lauree. La sento sempre vicino e avverto la grande responsabilità di avere una sorella che considero già santa. Nel quotidiano provo a seguire il suo esempio».

3 ottobre 2017