Riccardi (Sant’Egidio): «Grande amarezza per una pace sprecata»

A Santa Maria in Trastevere la veglia di preghiera organizzata dalla Comunità, in collegamento con i Paesi i cui è presente nel mondo. «È l’ora del lutto»

Fermare i venti di guerra. È l’invocazione accorata lanciata ieri sera, 24 febbraio, durante la veglia di preghiera organizzata dalla Comunità di Sant’Egidio nella basilica di Santa Maria in Trastevere, in collegamento streaming con tutti i Paesi in cui è presente nel mondo. Un momento partecipato e condiviso, promosso dopo che, nelle prime ore del mattino di ieri, l’esercito di Mosca ha invaso l’Ucraina. L’attacco su vasta scala è stato infatti sferrato in seguito al riconoscimento da parte della Russia delle repubbliche indipendenti del Donbass.

«Si è aperto l’abisso delle armi, dei combattimenti in Ucraina e noi tutti proviamo un grande sconforto – ha esordito Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, commentando il capitolo 9 del libro dell’Apocalisse -. Questa guerra travolge un popolo grande e inerme e mi pare la più grande guerra sul suolo europeo dal 1945, almeno per l’ampiezza del Paese che coinvolge e per il fatto che vede protagonista una superpotenza». Prima di questi fatti «eravamo tutti liberi di chiedere, sognare e sperare la pace – ha proseguito, ricordando l’appello di Pio XII prima del secondo conflitto mondiale, quando disse “Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra” -. Oggi siamo schiavi di un destino che è nelle mani di pochissimi e, forse, nelle mani del caso». Quindi Riccardi ha posto l’accento sul dolore «per chi soffre, per chi è caduto, per chi fugge, per le giovani vite messe a rischio, per le nostre sorelle e i nostri fratelli in Ucraina, per i nostri poveri e, poi, c’è una grande amarezza per una pace sprecata». Una pace sognata e desiderata fin dalla seconda guerra mondiale e, ancor di più, con la caduta del muro di Berlino nel 1989, quando alla guerra fredda doveva far seguito un nuovo importante capitolo della storia, purtroppo disatteso.

«Non siamo stati capaci di costruire la pace – ha ribadito Riccardi nel corso della veglia, che ha visto la partecipazione della comunità ucraina a Roma -.  La guerra è stata rivalutata come strumento di soluzione dei conflitti e di affermazione delle proprie visioni. Una rivalutazione pericolosissima: cadevano le resistenze morali, culturali alla guerra e si normalizzava l’uso delle armi». Si è sviluppato così il nazionalismo che «in ogni Paese è rinato e ha caratteristiche diverse, ma fa sempre sentire l’altro come un usurpatore e se stessi come vittima. Si è cercato di guadagnare il proprio interesse e non la pace di tutti e abbiamo perso tutti». Più si andava verso il domani e più «si costruiva un mondo vecchio e tanto pericoloso – ha aggiunto -. Dopo oltre mezzo secolo di ecumenismo i cristiani in Ucraina, ma ovunque, sono divisi e quando sono divisi sono irrilevanti». L’auspicio dunque è che «nessuna Chiesa europea possa dirsi estranea alla responsabilità della pace, perché questa è per i cristiani e i popoli, soprattutto quello ucraino, l’ora del lutto. Sono diversi i motivi, diverse sono le responsabilità, ma è un unico lutto». Da qui l’appello di Riccardi a non rassegnarsi alla guerra: «È sempre fratricida, perché viene dall’abisso del male – ha concluso -. È il peggiore tormento degli uomini e delle donne, perché la guerra è radicalmente disumana e immorale».

25 febbraio 2022