Alla festa di Sant’Egidio anche una famiglia fuggita dalla Siria

A San Giovanni in Laterano la Messa per i 48 anni della Comunità presieduta dall’arcivescovo Matteo Zuppi: «Il regalo più gradito la presenza degli Al Hourani»

A San Giovanni la Messa per i 48 anni della Comunità presieduta dall’arcivescovo Zuppi: «Il regalo più gradito la presenza degli Al Hourani»

La Comunità di Sant’Egidio ha compiuto 48 anni e continua a «lottare e sognare». La Basilica di San Giovanni in Laterano ieri, 4 febbraio, l’ha festeggiata gremita. A presiedere la celebrazione, monsignor Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna: «Il regalo più gradito ce lo fa la famiglia Al Hourani, con la sua presenza a Roma: sono i primi profughi siriani che sono arrivati proprio oggi con i corridoi umanitari» ha detto il presule indicando la famiglia seduta in prima fila, accanto a Marco Impagliazzo, presidente della Comunità, e Andrea Riccardi, il fondatore che a fine anni ’60 ebbe l’idea di dare vita a questa organizzazione che adesso abbraccia il mondo, dall’Argentina, all’Indonesia attraverso i Paesi dell’Africa.

Quello che ha fatto e continua a fare la Comunità lo dimostra la gioia della famiglia siriana fuggita da Homs, e tra loro soprattutto quella della piccola Farouq, malata di tumore agli occhi, che presto riceverà le cure grazie all’ospedale Bambino Gesù. Come ha ricordato Zuppi, sono i primi ad essere giunti in Italia attraverso “I corridoi umanitari”, il progetto, ideato dalla Comunità insieme alle Chiese Evangeliche e la Tavola Valdese, permetterà a mille profughi di arrivare legalmente con dei visti speciali ai rifugiati che attualmente si trovano in Libia, Marocco ed Etiopia.

Per monsignor Zuppi è «il frutto di una misericordia che non si accontenta, che non si nasconde dietro al facile “non è possibile” oppure “già faccio abbastanza”, che non vuole adattarsi all’egocentrismo ma alle domande degli uomini così come esse sono». Proprio la misericordia, secondo l’arcivescovo, è la forza della Comunità: «La misericordia allarga il cuore, suscita l’intelligenza d’amore, rende forti per sognare e trovare le soluzioni e costruire le alleanze che lo rendono possibile – ha spiegato -. La Comunità è una madre in realtà debole, forte solo della misericordia, perché questa allarga il cuore e nonostante la debolezza, anche quella di mezzi economici, cerca le risposte necessarie».

Impagliazzo, ringraziando Zuppi e i presenti, ha ricordato il cammino di Sant’Egidio: «L’universalità di questa Comunità nasce partendo dalle periferie del mondo – ha spiegato -. Non è fuori dal mondo e non dimentica le sofferenze del mondo». Alla base di tutto, ha concluso Impagliazzo, c’è l’amicizia: «…ci rende gioiosi. Questa è una festa dell’amicizia, innanzitutto verso le persone più povere, più vulnerabili, più in difficoltà, che ci hanno spinti ad essere realisti e sognatori – ha spiegato Impagliazzo -, perché la realtà va capita, va conosciuta. Dobbiamo mantenere i piedi per terra senza perdere di vista i nostri sogni, perché soltanto conoscendo la realtà si può continuare a lottare e a sognare che questa realtà cambi». Giunta a 48 anni la Comunità si dimostra pronta a fare sempre di più: «Essere amici dei poveri per noi ha un grande significato, quello di essere amici della pace – ha concluso il presidente -. Vogliamo essere espressione di un cristianesimo popolare. Amici dei poveri, amici di Dio, amici della pace».
5 febbraio 2016