Circo Massimo, sì alla famiglia: «Stop al ddl Cirinnà»

Grande partecipazione al “Family Day”. Gandolfini: «Mostriamo il sentire comune degli italiani, contro le ideologie, non contro le persone»

Grande partecipazione al “Family Day”. Gandolfini: «Mostriamo il sentire comune degli italiani, contro le ideologie ma non contro le persone». Il deciso “no” all’utero in affitto

«Siamo qui perché crediamo profondamente nella famiglia naturale e stiamo assistendo al tradimento del progetto di creazione: se l’umanità sbaglia questo, sbaglia tutto». Quella di Filippo, da Firenze, 4 figli dai 4 ai 14 anni, è solo una delle voci che si leva dalle centinaia di migliaia di famiglie presenti al Circo Massimo nel pomeriggio di sabato 30 gennaio per il “Family Day” promosso mentre il ddl Cirinnà – che introduce le unioni civili tra persone dello stesso sesso e la stepchild adoption, cioè la possibilità di adottare il figlio del partner – è in discussione al Senato.

Che il disegno di legge «deve essere fermato» l’ha ribadito, dal palco, Massimo Gandolfini, leader del comitato “Difendiamo i nostri figli”, aprendo l’evento: «La famiglia non può essere l’istituto ultimo e negletto quando in realtà tiene insieme la società italiana. Eppure nel nostro Paese un milione e 420mila famiglie sono al di sotto della soglia di povertà». L’obiettivo, prosegue Gandolfini, è «dare la cifra della bellezza della piazza che è contro le ideologie ma non contro le persone. Riunirci è l’unico modo civile e onesto, per noi che siamo gente povera che non abbiamo nessuna lobby multinazionale che ci protegge, per mostrare realmente il comune sentire degli italiani».

Dal tappeto umano che ricopre il Circo Massimo parte un coro, “No Cirinnà”, che riecheggerà scandito più volte nel corso del pomeriggio, accompagnato dai colori – rosa e celeste – delle bandiere de La Manif pour tous, movimenti per la vita, parrocchie e associazioni. Ci sono i gonfaloni delle Regioni Lombardia, Veneto e Liguria, numerosi sindaci in tricolore, rappresentanti della chiesa evangelica e ortodossa, della comunità islamica ed ebraica. Tra i politici, Binetti, Brunetta, Formigoni, Gasparri, Giovanardi.

Che i partecipanti siano stati due milioni,  come dichiarato dagli organizzatori, o meno, cambia poco: la piazza sa cosa vuole e, tra un passeggino e una chitarra, i cartelloni spiccano dalla folla compatta con gli slogan: “Sbagliato è sbagliato, anche se dovesse diventare legge”, “Cirin-Nò, viva i figli e la famiglia”, “I figli non si pagano”, “L’unica unione civile è il matrimonio”, “Voglio la mamma e il papà”.

Lo striscione “Vietato rottamare la famiglia” campeggia sotto al palco dal quale intervengono i membri del comitato “Difendiamo i nostri figli”. Il primo è Mario Adinolfi, direttore de “La Croce”: «Oggi avete cambiato la storia di questo Paese. Una piazza spontanea così non si era mai vista, con noi poveri a sostenere col nulla e a mani nude l’organizzazione. Un popolo dato per disperso e considerato ormai irrilevante oggi si è manifestato attraverso voi. Il Palazzo vi ascolti: gli unici diritti civili sono quelli dei bambini, mentre il ddl vuole mettere il cartellino del prezzo all’utero delle donne».

Di utero in affitto – tema sul quale è stato proiettato un video di denuncia – ha parlato il presidente dei Giuristi per la vita Gianfranco Amato: «Siamo qui a dimostrare un’ovvietà: che non si può mercificare il corpo delle donne. Alcuni concetti non sono né di destra né di sinistra, né laici né religiosi: sono concetti di natura e noi ci alzeremo in piedi per difenderli». Gli ha fatto eco Toni Brandi, presidente di Pro Vita onlus: «Troppi bambini nati da una provetta o cresciuti nell’utero di una madre sconosciuta non sanno su quale tomba piangere i propri genitori».

Emanuele Di Leo,  presidente della Steadfast Foundation, ha chiesto: «Siamo forse retrogradi perché non vogliamo sfruttare le donne o comprare e vendere bambini?», mentre, rivolgendosi ai partecipanti, Marco Invernizzi di Alleanza Cattolica ha ammonito: «Vi diranno che siete anacronistici. Non credeteci: voi siete l’alba che sta nascendo in un mondo che muore seppellito dai suoi vizi e dai suoi peccati».

Hanno ricordato i bambini abbandonati nel mondo Marco e Irene Griffini dell’Associazione amici dei bambini: «Ben 168 milioni di bambini abbandonati nel mondo gridano: voglio un papà, voglio una mamma, voglio essere un figlio», ha sottolineato la coppia ribadendo l’importanza di «buone pratiche» come l’adozione e l’affido, all’interno di famiglie fondate sul matrimonio tra un uomo e una donna.

Se, ha ricordato la scrittrice Costanza Miriano, «le leggi che feriscono la famiglia feriscono l’umanità intera, come cristiani abbiamo il dovere di alzarci in piedi, non con rabbia ma da risorti». L’ex presidente del Forum delle associazioni familiari dell’Umbria e consigliere del Forum nazionale Simone Pillon ha rimarcato che «l’alternativa alla famiglia è la solitudine. Il 75% delle persone in Svezia vive solo: l’Italia non è indietro, l’Italia è avanti», mentre la femminista americana Jennifer Lahl ha puntato i riflettori sulla maternità surrogata, «sfruttamento delle donne, che le rende schiave trattandole come produttrici di bambini a pagamento».

Lahl ha spiegato come in California, «capitale mondiale del turismo riproduttivo» attualmente ci siano due donne che portano in grembo ciascuna tre bambini per conto di “committenti”: «A entrambe si sta chiedendo di porre fine alla gravidanza di uno dei bambini, perché non sono voluti. Le madri sono sottoposte a pressioni perché uccidano il bambino semplicemente perché i genitori che li hanno commissionati – ha concluso – ne vogliono due e non tre».

Mentre il tenore Francesco Grollo, che si è esibito cantando e trascinando con sé tutto il Circo Massimo la celebre “Mamma” di Bixio e Cherubini, chiude il Family Day sulle note di “Nessun dorma” dalla Turandot di Puccini, Carlo ed Eva fanno un appello di ricognizione dei loro sette figli, dai 3 ai 21 anni. «Mentre venivamo una signora che guidava ha abbassato il finestrino e ci ha urlato degli insulti. Mi ha fatto male», ammette Carlo, che spera da questa piazza possano fiorire «parole di dialogo, affinché ciascuno trovi la sua pace, come è stato per me. Sono figlio unico e so bene quante cose mi sono mancate. Ora collaboro con Dio tramite la vita. Non facciamo la settimana bianca, certo, e ogni tanto penso ai miei figli buttati in un mondo in cui il tempo si è azzerato e non si lotta più per niente. È una battaglia quotidiana, ma sì, siamo una famiglia felice».

Poco più in là, la signora Caterina riavvolge la sua bandiera de “La Manif pour tous”. Ha 82 anni, viene da Buttigliera d’Asti. Ha insegnato per una vita, anche durante il ‘68: «Sono alla fine della mia esistenza, ma non ho rimpianti perché ho sempre fatto con amore ogni cosa. Ho viaggiato tutta la notte in pullman: non potevo mancare. Ho sei nipoti, sono qui per loro».

1° febbraio 2016