Galantino: «Ora di religione, via per la formazione umana»

Presentata in Vicariato la quarta indagine nazionale sull’insegnamento della religione cattolica in Italia, a 30 anni dalla revisione del Concordato

Presentata la quarta indagine nazionale sull’insegnamento della religione cattolica in Italia, a 30 anni dalla revisione del Concordato. Il confronto sul piano culturale

I risultati della quarta indagine nazionale sull’insegnamento della religione cattolica in Italia, a trent’anni dalla revisione del Concordato, raccolti nel volume “Una disciplina alla prova”, curato da Sergio Cicatelli e Guglielmo Malizia, sono stati illustrati ieri, martedì 17 gennaio, nell’Aula della Conciliazione del Vicariato di Roma. E il primo dato che balza agli occhi è che non c’è stato il temuto crollo del numero di studenti che si avvalgono dell’insegnamento. Nella media nazionale di tutti gli ordini scolastici, da una percentuale del 93,5% registrata nel 1993-94 si è scesi nel 2015-16 all’87,8%. Ma l’analisi non riguarda solo i numeri. Da un lato, emerge il buon grado di soddisfazione mostrata sia dagli insegnanti che dagli studenti; dall’altro un giudizio sufficiente nel raggiungimento delle indicazioni ministeriali. E gli studenti, in una percentuale che si aggira sul 99%, sono anche consapevoli che l’ora di religione è qualcosa di assolutamente diverso dal catechismo. Lo ha evidenziato nel suo intervento il segretario della Cei monsignor Nunzio Galantino, che ha tenuto a sottolineare anche che i docenti ormai hanno tutti almeno la laurea magistrale. E il 96% degli insegnanti sono laici. Un contesto profondamente mutato rispetto al 1984, quando ci fu la revisione del Concordato.

Nel suo intervento, il vescovo ha detto tra l’altro che giustamente il «titolo parla di Una disciplina alla prova e non, come avrebbe preferito qualche altro, di una “disciplina sotto processo”». E ha ricordato «le numerose sfide che l’insegnamento della religione ha dovuto affrontare» dal 1984, tra cui la possibilità di scelta e il confronto con una società multi-religiosa. «Ma la domanda principale alla quale oggi tutti siamo chiamati a rispondere è questa – ha detto il prelato -: di quale “religione” hanno bisogno i giovani per vivere in maniera consapevole nella società attuale e in quella nella quale sin da subito, speriamo, vengono chiamati ad essere protagonisti e costruttori? Una domanda che è una sfida alla quale nessuno deve sottrarsi e che potrà trovare una risposta solo in un insegnamento capace di inserirsi e di stare nella scuola italiana adottandone lealmente regole e finalità». Galantino ha ricordato anche che «se con il primo Concordato lo scopo dell’insegnamento religioso era la formazione cristiana degli alunni, oggi mira alla formazione umana degli studenti, una formazione che non può dirsi completa senza essersi interrogata sulla dimensione religiosa della persona».

Dalla ricerca emergono altri elementi interessanti, come ha spiegato il curatore Cicatelli. Intanto il fatto che l’ora di religione non è l’ora dei cattolici, soprattutto nelle superiori dove solo il 75% degli studenti si dichiara cattolico. Il sapere religioso degli studenti risulta di livello accettabile per quanto riguarda la storia biblica ma è carente per quanto riguarda gli aspetti teologico-dottrinali, la competenza linguistica e ancora di più per le competenze storiche, davvero scarse. Un problema che sembra riguardare più la scuola nel suo complesso che la specificità dell’ora di religione. Interessante l’analisi fatta da Giuseppe Mari, ordinario di pedagogia alla Cattolica di Milano. Dallo studio, infatti, risulta che «i quattordicenni dichiarano di avvalersi dell’insegnamento della religione perché cattolici. Eppure sappiamo che non frequentano le chiese. Viene da chiedersi sul piano dei contenuti cosa stiamo trasmettendo. I giovani non hanno le idee chiare su cosa significa essere cattolici. Dunque occorre confrontarsi sul piano strettamente culturale».

18 gennaio 2017