Ganswein: «Benedetto XVI non si è dimesso per “Vatileaks”»

Nella presentazione del libro di don Regoli, l’arcivescovo torna sul nodo delle dimissioni: «Un ben ponderato passo di millenaria portata storica»

In occasione della presentazione del libro di don Regoli, l’arcivescovo torna sulle dimissioni del Papa emerito: «Un ben ponderato passo di millenaria portata storica»

«Decuit, potuit, fecit»: era cosa conveniente, poteva farlo, così lo fece. «Dall’11 febbraio 2013, il ministero papale non è più quello di prima». L’arcivescovo Georg Gänswein, segretario personale di Benedetto XVI e prefetto della Casa Pontificia, venerdì 20 maggio nell’aula magna della Pontificia Università Greogoriana, ha parlato delle dimissioni del Papa emerito, un evento storico che non si verificava dal 13 dicembre 1294, quando Papa Celestino V decise di tornare Pietro dal Morrone.

Benedetto però, ha tenuto a precisare l’arcivescovo, non ha lasciato né l’abito né il suo nuovo nome: «Egli non ha abbandonato l’ufficio di Pietro – ha spiegato -. Con un atto di straordinaria audacia egli ha invece rinnovato questo ufficio e con un ultimo sforzo lo ha potenziato». L’occasione per approfondire è stata la presentazione del libro “Oltre la crisi della Chiesa. Il pontificato di Benedetto XVI” edito da Lindau, scritto da padre Roberto Regoli, direttore del dipartimento di Storia della Chiesa della Gregoriana, a cui hanno partecipato anche lo storico e fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi, e il vaticanista di Repubblica Paolo Rodari.

«È bene che io dica una volta per tutte, con tutta chiarezza – ha detto l’arcivescovo -, che Benedetto non si è dimesso a causa del povero e mal guidato aiutante di camera oppure a causa delle ghiottonerie provenienti dal suo appartamento che nel cosiddetto affare “Vatileaks” – ha affermato – circolarono a Roma come moneta falsa e che furono commerciate nel resto del mondo come autentici lingotti d’oro. Nessun traditore o corvo o qualsivoglia giornalista avrebbe potuto spingerlo a quella decisione. Quello scandalo era troppo piccolo per una cosa del genere e tanto più grande è stato il ben ponderato passo di millenaria portata storica che Benedetto XVI ha compiuto».

Un pontificato difficile sin dagli albori, non solo per i risvolti politici, ma anche per quelli personali. Un punto cruciale, ha raccontato Gänswein confermando la tesi di Regoli, è stato nel 2010 la morte di Manuela Camagni, una delle quattro Memores appartenenti alla famiglia pontificia: «A confronto con tale disgrazia i sensazionalismi mediatici di quegli anni, pur avendo un certo effetto, non colpirono il cuore del Papa tanto quanto la morte di Manuela, strappata così improvvisamente a noi».

Nel libro di padre Regoli nessuna intervista privata o documentazione riservata. Regoli ha ricostruito «il passo meno atteso del cattolicesimo contemporaneo», come lo ha definito, utilizzando documenti pubblici, dagli articoli giornalistici alle carte del Vatileaks: «L’intento era aprire alla discussione utilizzando materiale accessibile a tutti» ha spiegato. Il libro, hanno notato i relatori, arriva dopo pochissimo tempo rispetto alla conclusione del pontificato, ma, ha ricordato Riccardi, non per questo ha meno valore. La figura di Benedetto, ha proseguito lo storico, dovrà essere ancora vagliata: «La sua forza gentile, un magistero articolato, persuasivo, dovrà essere ripreso e approfondito».

Il passo compiuto da Benedetto, ha ammesso Gänswein, può sembrare rivoluzionario, e continua a sollevare congetture. «Il Papa è tornato su questa rinuncia? Crede che ci possano essere altri Papi emeriti?», ha chiesto Rodari all’arcivescovo. «Le risposte – ha replicato quest’ultimo – le ha scritte chiare tutte nei suoi libri e nei suoi discorsi, si può leggere e trovare lì la risposta. Molto facile».

23 maggio 2016