Il Papa incontra 30 rifugiati accolti dalla diocesi di Roma

Nel pomeriggio di lunedì 19 giugno, al Laterano, prima del Convegno diocesano, l’appuntamento privato alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato

Nel pomeriggio di lunedì 19 giugno, al Laterano, prima del Convegno diocesano, l’appuntamento privato alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato

L’abbraccio a trenta rifugiati. Segno inequivocabile di una vicinanza manifestata in tante occasioni: dalla prima visita in terra italiana a Lampedusa al viaggio a Lesbo, all’ospitalità di alcuni profughi fino a quell’appello del 6 settembre 2015 all’accoglienza che ha scosso molte coscienze. Sarà con quell’abbraccio che di fatto il Papa aprirà questa sera, 19 giugno, il Convegno diocesano 2017, nel complesso del Laterano, a pochi passi dalla basilica di San Giovanni in Laterano, cattedrale di Roma. Poco prima di rivolgere il suo discorso di apertura del Convegno (sul tema dell’educazione degli adolescenti) agli oltre duemila partecipanti riuniti in cattedrale, Francesco incontrerà trenta rifugiati accolti dalle parrocchie di Roma, alla vigilia della Giornata mondiale del rifugiato (20 giugno). Un appuntamento annuale, quello indetto dall’Onu nel 2000, in cui la Caritas di Roma promuove ogni anno numerose iniziative per sensibilizzare la diocesi su questi temi, ed è l’occasione anche per rilanciare il messaggio del Papa per la Giornata del migrante e del rifugiato che la Chiesa celebra ogni anno la terza domenica di gennaio.

Questa volta è il Papa in persona a farsi messaggio di accoglienza, per mostrare concretamente il suo affetto a chi ha vissuto drammi che segnano a volte in maniera indelebile la propria vita (come Roma Sette ha raccontato ieri nello speciale dedicato ad alcune storie di rifugiati accolti dalle parrocchie di Roma). A chi è vittima della migrazione forzata ha rivolto il suo pensiero anche nel recente messaggio per la Giornata mondiale dei poveri, scrivendo che «la povertà… ci interpella ogni giorno con i suoi mille volti segnati dal dolore, dall’emarginazione, dal sopruso, dalla violenza…, dalle torture e dalla prigionia, dalla guerra… dalle tratte e dalle schiavitù, dall’esilio e dalla miseria, dalla migrazione forzata ».

E oggi, attorno alle 18.30, sarà davanti a quei volti. Perché la Chiesa di Roma abbia a cuore innanzitutto i poveri. Un invito che hanno ben compreso le 38 tra parrocchie e istituti religiosi che hanno dato ospitalità finora a 121 persone, 57 in prima accoglienza e 64 in seconda accoglienza, a partire dall’appello rivolto da Francesco durante l’Angelus del 6 settembre 2015: «Ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia, incominciando dalla mia diocesi di Roma».

Quel vibrante appello ha lasciato il segno: oltre 135 telefonate, il coinvolgimento di 20 famiglie, e i numeri indicati prima che dicono nei fatti una solidarietà incarnata. Un’accoglienza coordinata dalla Caritas diocesana con il progetto “Ero forestiero e mi avete ospitato”. «Alcuni ospiti – spiega la Caritas – nel corso del 2016 hanno trovato una soluzione alloggiativa autonoma, lasciando l’alloggio e garantendo così l’ingresso di nuovi ospiti. Gli alloggi messi a disposizione sono diffusi in 12 Municipi. Ciascuna soluzione abitativa ha un numero contenuto di posti, da 1 a 5».

Dal giugno 2016 la Caritas ha ampliato l’accoglienza anche alle famiglie con il programma “Pro–tetto: rifugiato a casa mia”, avendo come duplice obiettivo l’intensificazione dell’impegno verso l’integrazione di migranti e rifugiati e la promozione di un’esperienza di autentica condivisione: tre famiglie romane hanno accolto altrettanti immigrati, altre stanno svolgendo un percorso di formazione per iniziare l’esperienza.

Due progetti definiti di “accoglienza diffusa”, che coinvolgono anche i volontari delle parrocchie e gli operatori della Caritas che accompagnano il percorso: «Un nuovo modo di intendere l’accoglienza, basata sul principio che un percorso di integrazione parta anzitutto dalla costruzione di reti sociali oltre che di relazioni di amicizia e di solidarietà. Una pratica che permette a tutte le persone coinvolte di entrare realmente in contatto con l’altro, il quale smette presto di essere “l’ospite” per essere scoperto nelle sue caratteristiche individuali, bisogni, aspirazioni e obiettivi. Un’intera comunità che abbraccia il nuovo arrivato, si prende carico dei suoi bisogni e riceve in cambio la partecipazione attiva da parte della persona accolta». Questo percorso di “accoglienza diffusa” si concretizzerà domani davanti al Papa.

19 giugno 2017