“Country dark”, nelle pieghe dell’umanità ferita di Chris Offutt

Siamo lontani mille miglia dalla civiltà urbana delle grandi metropoli costruite sulle rive degli oceani. L’America di Offutt sembra il rovescio di quella, in technicolor, a cui i grandi e piccoli schermi ci hanno abituato

L’America di Chris Offutt (1958) sembra il rovescio di quella, in technicolor, a cui i grandi e piccoli schermi ci hanno abituato. Ma per chi frequenta la letteratura a stelle e strisce non si tratta di una novità: è l’amaro controcanto di Huckleberry Finn al sogno di gloria di Tom Sawyer. E così anche i poveri allevatori del Kentucky, di cui Offutt narra, abbrutiti da un’esistenza grigia e polverosa, senza riscatti né redenzioni, questi lavoratori in camicia di flanella che assomigliano a vagabondi, vengono da lontano: come se fossero rimasti indietro, sia geograficamente perché i loro antenati non seguirono la trionfale corsa verso Ovest dei primi coloni preferendo restare abbarbicati alle pendici dei contrafforti; sia spiritualmente: i più derelitti, i meno affascinanti, gente che deve solo sbarcare il lunario e, se non ci riesce, si affida alla bottiglia, al biliardo, al contrabbando, lasciandosi andare alla violenza più cieca. Siamo lontani mille miglia dalla civiltà urbana delle grandi metropoli costruite sulle rive degli oceani.

Non ci sono neppure gli spazi aperti delle pianure centrali. È il regno angusto della boscaglia dove i ragazzi crescono senza prospettive perché i genitori non hanno i soldi necessari a farli studiare al college e quando diventano adulti basta un niente per mandarli fuori strada. I primi racconti pubblicati in Italia ( Nelle terre di nessuno, 2017, traduzione di Roberto Serrai, Minimum fax), che corrispondono all’esordio dello scrittore avvenuto all’inizio degli anni Novanta, scoprivano proprio questa umanità ferita costretta a vivere sotto un cielo indifferente: «Non si può dare la colpa alle colline per quello che ci succede in cima. Qualcuno incolpa Dio, ma non credo che lui si preoccupi troppo di cosa succede lassù», diceva il protagonista di “Luna calante” nel ricordare il terrificante attacco di un orso contro una donna e la sua bambina. Ma quei racconti erano soltanto schegge di un mondo interiore che si andava componendo. Dopo aver letto, presso lo stesso editore e traduttore, la seconda opera di Offutt stampata da noi, Country Dark,abbiamo la possibilità di gettare uno sguardo più compiuto su questo scrittore scabro dal ritmo incalzante e ossessivo. È il romanzo, diviso in quattro parti, di Tucker, reduce dalla guerra di Corea che, dopo essere tornato a casa, deve continuare a combattere per sopravvivere.

Mai come in questo caso raccontare la trama sarebbe fuorviante: potrebbe far pensare a un semplice noir. È la vendetta di un uomo teso a difendere i propri affetti dalla crudeltà dei suoi simili, oltre che dalla stupidità delle istituzioni: chi vorrebbe sottrargli i figli menomati e chi lo ricatta a proprio vantaggio. Né gli uni né gli altri riusciranno ad avere la meglio su di lui che tuttavia pagherà sino in fondo gli errori compiuti. Eppure, a contrastare l’incubo a tinte forti che in molte pagine avvince il lettore, ci sono due preziosi, tenaci sentimenti: la storia d’amore fra Tucker e Rhonda, celebrata dall’affetto filiale rivolto ai più piccoli e la straordinaria forza del bosco, rievocato in tutta la sua densità poetica. Per quanto bucato dalle miniere, distrutto dalle segherie, eroso dall’asfalto stradale, resta sempre una presenza smagliante, specie di notte, come appunto illustra il titolo dell’opera, quando le colline sembrano chiudersi a riccio, tese a nascondere i suoi segreti.

 

30 ottobre 2018