Il cardinale Canestri, «prete romano»

Al Seminario Maggiore la presentazione del libro curato dai nipoti Matteo e Paolo e da suor Chiara Cervato, segretaria storica. La partecipazione al Concilio, il legame col Maggiore e con l’Azione cattolica

Un pastore che ha testimoniato nel quotidiano la concretezza del Vangelo e l’amore per il Signore «in un modo straordinario». Con il suo stile di vita «sobrio ed evangelico, costantemente vicino alla vita della gente, ha amato tanto Roma, che lo ha fatto diventare un prete romano». Con queste parole il cardinale vicario Angelo De Donatis ha ricordato il cardinale Giovanni Canestri la cui memoria è stata celebrata ieri sera, martedì 14 maggio, durante un incontro nell’auditorium del Pontificio Seminario Romano Maggiore in occasione del centenario della sua nascita e della pubblicazione del libro “Il cardinale Giovanni Canestri. Testimonianze di una vita”, edito da Effatà. Curato dai nipoti Matteo e Paolo e da suor Chiara Cervato, delle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, segretaria storica del porporato, il volume raccoglie, in 329 pagine, numerose testimonianze di laici, sacerdoti, vescovi, religiosi e religiose che lo hanno conosciuto e apprezzato.

«Come diocesi gli siamo grati per i suoi insegnamenti e la sua testimonianza», ha aggiunto il cardinale vicario il quale, condividendo un ricordo personale risalente a qualche anno fa, ha parlato di una visita nella casa di Canestri in via Cernaia. «Nel corridoio erano esposte tutte le nomine ricevute durante il suo ministero – ha detto – Mi spiegò che non era per vanità ma perché gli ricordavano la storia della sua obbedienza». Si è detto felice della presenza in sala di molti seminaristi: «Stasera vi abbiamo raccontato la storia di un prete di Roma», ha concluso. I seminaristi, ha aggiunto suor Chiara, «erano le sue pupille. Amava i ragazzi e due volte all’anno incontrava i suoi ex giovani alle Catacombe di San Callisto e al Divino Amore»

Il libro si apre con i ricordi del cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova, e di monsignor Guido Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie e suo segretario a Genova dal 1987 al 1995. La serata è stata moderata da monsignor Nicola Ciola, professore ordinario nella facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense, il quale ha tracciato le tappe più importanti della vita di Canestri, morto a Roma il 29 aprile 2015 all’età di 96 anni. Piemontese di origine, arrivò nella Capitale nel 1937 per frequentare il Seminario Romano Maggiore. Fu ordinato sacerdote il 12 aprile 1941 nella cattedrale di Roma dal cardinale Traglia. Nello stesso anno fu mandato come vice parroco a San Giovanni Battista de Rossi, dove rimase fino al 1950.

Erano gli anni difficili della seconda guerra mondiale e lui si dedicò in modo particolare ai giovani. Qui lo conobbe monsignor Giovanni Falbo, all’epoca poco più che bambino, oggi parroco di Santa Monica a Ostia. Soffermandosi sugli anni del ministero presbiteriale di Canestri, il sacerdote ha posto l’accento sul suo essere «prete romano fino al midollo, dedito a Dio e al suo popolo».  Lo ha descritto come un uomo «umile, competente e affabile» con grande senso del dovere. Trasmetteva l’amore per l’Eucaristia, per la Madonna della Fiducia e per il Papa, i tre valori imparati al seminario.

Dopo essere stato parroco nelle borgate di Ottavia e Casalbertone, nel 1959 Canestri fu nominato da Giovanni XXIII direttore spirituale del Seminario Romano Maggiore e nel 1961 vescovo titolare di Tenedo e ausiliare di Roma per il settore Est. Da vescovo, ha partecipato ai lavori del Concilio Vaticano II intervenendo alle Congregazioni generali sui temi dell’ecumenismo e della libertà religiosa. Questi anni sono stati ripercorsi dal vescovo Paolo Selvadagi, il quale ha ricordato il rapporto che Canestri aveva stretto con l’Azione cattolica diocesana in qualità di delegato vescovile. Inoltre «curava molto l’organizzazione delle prefetture, le relazioni con le parrocchie e le visite pastorali. Era anche un “vero amico” del Seminario Minore perché credeva molto nella formazione educativa e nell’aiuto a fare un buon discernimento».

Monsignor Giuseppe Mani, arcivescovo emerito di Cagliari, è stato per ben 4 volte successore di Canestri: prima a Casalbertone, poi al Seminario Maggiore, nel settore Est e quindi proprio a Cagliari dove Canestri, nominato da Giovanni Paolo II, fu arcivescovo per tre anni a partire dal 1984. «Ha molto amato la Sardegna ed è stato corrisposto – ha detto Mani -. Diceva che era una terra felice dove bastava seminare dieci per raccogliere 90». Per Mani la virtù fondamentale di Canestri era il dominio di sé. Al cardinale Domenico Calcagno, presidente emerito dell’Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, il compito di ricordare gli anni tra il 1987 al 1995 quando, in qualità di vicario episcopale, affiancò Canestri nominato arcivescovo metropolita di Genova. «Per celebrare il quinto centenario del viaggio di Cristoforo Colombo – ha raccontato – organizzò un viaggi verso l’America del Sud e avviò una collaborazione missionaria a Santo Domingo, città particolarmente povera, dove furono costruite chiese, cappelle, ospedali. È stato indubbiamente un prete romano ma ha amato talmente tanto Genova da decidere di essere sepolto presso l’altare del Santissimo Sacramento nella cattedrale di San Lorenzo, dove trascorreva ore a pregare».

In memoria del cardinale Canestri e del legame che aveva con il Pontificio Seminario Romano Maggiore, i nipoti del porporato e suor Chiara Cervato hanno donato un calice al rettore, padre Gabriele Faraghini.

15 maggio 2019