Il lutto e gli adolescenti: il legame è per sempre

La percezione prevalente è la solitudine. Le risorse a disposizione per l’elaborazione, a partire da famiglia e scuola. Dare spazio e sostegno ai ragazzi

Il mese di novembre offre una buona opportunità per riflettere sul tema del lutto e di come questo sia così incisivo nella vita delle persone, soprattutto quando risulta difficile affrontarlo ed elaborarlo. Spesso, in terapia, il “dolore cristallizzato” della morte di un genitore, di un coniuge, di una sorella, di un amico diventa così importante da orientare l’esistenza di chi chiede aiuto in modo da difendersi e da evitare tutto ciò che è correlato a quella perdita.

Diverse sono le strategie che vengono utilizzate per poter fra fronte “all’evento luttuoso” che si presenta come naturale ed universale ma che richiede un processo di adattamento e di ristrutturazione interna della persona.  L’elaborazione del lutto è un lavoro intrapsichico caratterizzato da diversi momenti che permettono a chi rimane di poter accettare la realtà: ricollocando la persona deceduta in uno spazio interno relazionale meno doloroso, promuovendo la continuità del legame attraverso la memoria e favorendo la ripresa dei contatti con il mondo esterno, orientando verso una nuova progettualità.

Cosa accade se chi subisce una perdita presenta una maggiore vulnerabilità, come nel caso degli adolescenti? L’adolescenza è un periodo di grandi cambiamenti, di sfide e di crescita che permette di diventare adulti, ossia di poter investire la propria maturità cognitiva-affettiva in un progetto relazionale-affettivo-lavorativo. Poter realizzare la propria crescita richiede all’adolescente di portare a termine alcuni specifici compiti che riguardano la costruzione della nuova identità da tutti i punti di vista (biologico, sociale e culturale) e l’assunzione della propria responsabilità.

È intuibile come l’adolescenza è di per sé un processo di cambiamento e che necessariamente comporta esperienze sia di perdita che di rinnovamento: è uno snodo temporale dove si integrano, un po’ alla volta, i tasselli della nuova identità abbandonando le certezze infantili e creando nuovi punti di riferimento che permettano di orientarsi verso un nuovo senso di sé. È il tempo per sperimentarsi e per avviare un processo di separazione-differenzazione dai propri genitori e dai loro modelli dando spazio ad altre relazioni significative come gli amici o altri adulti.

Il grande “lavoro” dell’adolescente definito “crisi adolescenziale” può essere rappresentato da una strada “lastricata di lutti simbolici e di simboliche rinascite” (Morgante) e richiede l’attivazione di numerose risorse per poter superare i possibili stati di malessere. In questa cornice, eventi dolorosi e inaspettati, come il lutto improvviso o derivato da una lunga malattia di un genitore, di un parente o di un amico, possono dare all’adolescente la sensazione di essere impotente e sopraffatto non solo rispetto alla perdita subìta ma anche rispetto agli impegni e ai progetti della sua vita.

Le principali reazioni al lutto nei ragazzi sono caratterizzate dall’ansia, dalla rabbia, dall’aggressività, dalla ribellione ma anche dalla “freddezza” sostenuta dal timore di essere soverchiati dalle proprie emozioni. Spesso possono “rifiutare” la notizia, mostrando un’incapacità di reagire soprattutto quando la morte è improvvisa, o mostrare un senso di colpa verso sé stessi, quando si è cercato di evitare la persona malata.

Gli effetti del dolore possono includere sentimenti di paura, di disagio, di insoddisfazione, è possibile un’alterazione patologica dell’umore con la presenza di disturbi somatici; disturbi dell’alimentazione; sintomi ossessivi-compulsivi; difficoltà di concentrazione e apprendimento a scuola; incapacità di mantenere un sano livello di autostima e di connessione alla propria rete sociale; l’esasperazione dei comportamenti a rischio con uso di droghe e attività sessuale per sfuggire e non pensare al dolore della perdita (Moniello).

La percezione prevalente è la solitudine, la convinzione di non essere compreso e di non poter essere aiutato dal mondo degli adulti, questa percezione viene sostenuta anche dal desiderio di autonomia che porta spesso i ragazzi a mostrare “che è tutto apposto e non ci sono problemi!”

Un caso concreto. Sara e Marco sono sorella e fratello di 22 e 16 anni, hanno perso la madre di 50 anni dopo una malattia combattuta per diversi anni, una madre sempre presente e accudente ma che negli ultimi anni si sottoponeva spesso a cicli di chemioterapia con i visibili segni del trattamento: nausea, stanchezza, dolori… Nonostante la presenza tangibile della malattia i ragazzi avevano cercato di “rifiutare” la realtà nella speranza che fosse possibile convivere per un tempo più lungo, con la madre che si curava.

Quando la malattia prese il sopravvento li trovò spiazzati come se non avessero capito cosa stesse accadendo e diversi furono i tentativi per affrontare il dolore: per Sara la presenza del fidanzato, della sua famiglia, del gruppo di amici e l’impegno universitario le permisero di far fronte all’urgenza del dolore e solo a distanza di un anno ha iniziato a poterne parlare chiedendo e approfondendo il periodo della malattia, non avendone compreso la gravità, e accogliendo i ricordi della madre prima di ammalarsi. Marco ha cercato di portare avanti gli studi diplomandosi e ha affrontato l’urgenza del dolore con la presenza della ragazza, di amici e parenti ma ancora non riesce a “toccare” il dolore e il lutto sostenendo che “va tutto bene”.

Quali sono i momenti nel processo di elaborazione del lutto? Non è possibile generalizzare sui tempi interni di un processo di elaborazione del lutto che comporta una trasformazione della relazione tra chi rimane e il defunto, potendo verificarsi anche blocchi nella sua evoluzione e comportando un “lutto patologico”. Mentre è possibile sintetizzare i diversi momenti del processo usando la classificazione di Therese Rando (esperta nella terapia del lutto): il riconoscere e comprendere la perdita, anche se all’inizio c’è il desiderio di evitare di prenderne atto (fase dell’evitamento); provare il dolore e reagire alla separazione (fase del confronto); muoversi nella nuova vita senza dimenticare il vecchio (fase di accomodamento). Il compito più cruciale è il cambiamento nella relazione mantenendo la persona amata “viva” in modo appropriato, trovando un posto per il defunto in modo da rimanere connesso con lui senza che questo comporti un ostacolo nell’andare avanti con la vita.

Quali sono le risorse a disposizione degli adolescenti per affrontare il lutto? Tale processo può essere sostenuto negli adolescenti grazie al nucleo familiare, il gruppo dei pari, la scuola e altri contesti di aggregazione. La scuola ha un ruolo importante sia in termini formativi, sia in termini relazionali, sia per la costruzione della motivazione e della propria identità. I familiari o gli altri adulti, per poter essere di sostegno, dovrebbero essere disponibili ma non invadenti od inopportuni, aspettando che sia il ragazzo che si avvicini richiedendone la presenza; dovrebbero sostenere i tentativi di “farcela da solo”, evitando di minimizzare o amplificare la sofferenza provata.

L’elemento più significativo è dare spazio e sostegno ai ragazzi affinché diano senso e significato al dolore della perdita: per poterla assimilare come “tratto e caratteristica” della propria storia che ne configura l’aspetto ma non ne determina la sua evoluzione; per permettere a quel legame di esserci per sempre, senza che diventi assordante l’assenza fisica, e che sia valorizzato come elemento della complessità dell’identità che si va formando. (a cura di Laura Boccanera)

30 novembre 2018