Il Papa a Sant’Enrico con i preti dell’XI prefettura

Dopo qualche mese di stop, continua con la parrocchia di Casal Monastero il “pellegrinaggio” di Francesco nelle periferie della Capitale, per incontrare il “suo” clero

XI prefettura della diocesi, settore Nord. È ripartito da qui, dopo uno stop di qualche mese, il “pellegrinaggio” di Papa Francesco nelle periferie della Capitale. Ad accoglierlo questo pomeriggio, intorno alle 16, nella parrocchia di Sant’Enrico i sacerdoti del territorio, insieme al vescovo ausiliare del settore Nord Daniele Salera. Quella di Sant’Enrico è la quarta parrocchia visitata dal pontefice in questi mesi, dopo Santa Maria della Salute a Primavalle a settembre, Santa Maria Madre dell’Ospitalità a Villa Verde a novembre e, a dicembre, San Giorgio ad Acilia.

A fare gli onori di casa, accanto al vescovo, il parroco don Massimiliano Memma. Quindi il colloquio a porte chiuse con i 35 preti della prefettura, i parroci prefetti del settore Nord della diocesi e i cappellani del carcere di Rebibbia, con i quali ha dialogato per circa due ore nel salone parrocchiale, prima di fare ritorno in Vaticano, alle 17.45. Un dialogo in un clima «gioioso e sereno», racconta Salera. Al centro, le sfide pastorali del territorio (e non solo). «La presenza dei cappellani del carcere di Rebbia – aggiunge – ha portato l’attenzione sui temi del disagio dei detenuti, per cui più volte siamo tornati sulle situazioni di estrema povertà e sulle difficoltà del reinserimento, specie per i più poveri e più soli. Ma abbiamo toccato anche il tema della presenza delle famiglie e delle donne nella formazione dei sacerdoti, per un discernimento più integrato».

Ancora, «abbiamo parlato della misericordia – riferisce ancora il vescovo -, soprattutto verso le situazioni un po’ al limite nella Chiesa». I preti hanno raccontato al Papa della fatica che fanno, ad esempio, a trovare «padrini e madrine che abbiano le caratteristiche richieste per questo incarico». Francesco li ha rassicurati: «Ha detto: pensiamo a questo ruolo piuttosto per iniziare cammini di riavvicinamento di queste persone». E poi «la misericordia verso i preti che hanno lasciato il sacerdozio e che quindi hanno bisogno di non sentirsi allontanati, esclusi dalla Chiesa stessa. E alla fine abbiamo condiviso quello che ci sembra l’approccio più giusto per entrare nell’Anno Santo. Il Papa ha chiesto alle nostre comunità parrocchiali coraggio e creatività».

È racchiuso in questi termini, per il presule, il messaggio lasciato dal pontefice: «Coraggio e dignità nell’utilizzare il tempo del Giubileo per iniziare percorsi nuovi, che permettano a tutti di riprendere il cammino della fede, di sentirla come un percorso gioioso che ridà vita». Un tema, quello del coraggio e della creatività, declinato anche nell’ambito della corresponsabilità parrocchiale, invitando i laici ad assumere sempre più delle responsabilità dirette nella vita delle nostre comunità, formandosi attraverso un’attenta cura della vita spirituale».

Nelle parole del parroco don Memma, che da 12 anni guida la comunità di cica 10mila fedeli, «la cosa che fa bene è sentirsi rincuorati, incoraggiati. Noi abbiamo bisogno di questo, in un tempo un po’ opprimente, sotto tanti punti di vista, c’è sempre una persona che ha la capacità di dare una parola di speranza. Io personalmente ne ho bisogno. Sentirla dal mio vescovo, dal Papa, questa parola di incoraggiamento, di spinta, di vita, da un uomo di 87 anni, è bello. Ci ha fatto bene. Conosciamo Francesco: è il suo stile. E abbiamo bisogno di questo».

5 aprile 2024