La Bibbia ebraica, via per «far tornare la Parola di Dio nel tempo»

Inaugurati al Centro “Il Pitigliani” gli incontri ebraico – cristiani che vedono tra gli ideatori il vescovo Libanori. Il rabbino capo Di Segni e il vescovo Spreafico riflettono sulla fragilità

«Ascoltiamo tanti maestri ma non Dio. Perché? Occorre far tornare la Parola di Dio nel tempo». Rispondendo a una domanda, il vescovo Daniele Libanori ha spiegato il senso del ciclo di incontri ebraico-cristiani “Comprendere il tempo alla luce della Bibbia ebraica”, di cui è fra gli ideatori. Come ha spiegato lui stesso, era un sogno che aveva da bambino, fin da quando abitava nella sua Ferrara vicino al ghetto. Con lui, il rabbino capo di Roma, rav Riccardo di Segni, protagonista del primo incontro, ieri, 7 novembre, al Centro Ebraico Italiano “Il Pitigliani”, insieme al vescovo Ambrogio Spreafico, membro del dicastero per il Dialogo interreligioso, introdotti da monsignor Marco Gnavi, incaricato dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso, oltre che parroco di Santa Maria in Trastevere.

Al centro del primo dibattito, il tema della fragilità. «Una domanda aperta a tutti gli uomini, credenti e non credenti», ha affermato Gnavi nell’introduzione. Di Segni, ricordando che il Covid ci ha messo di fronte alla nostra fragilità e, proprio quando pensavamo che il progresso della scienza fosse inarrestabile, ha fatto vacillare le nostre certezze e «ci ha riportato con i piedi per terra», ha fatto un excursus biblico sulle fonti che trattano proprio il tema della terra e della polvere, riprendendo il titolo dell’incontro: “Siamo polvere. La fragilità della nostra umanità”. Si è soffermato in particolare sulla creazione e poi sulla vicenda di Abramo per spiegare che «la terra è legata al destino finale dell’uomo. Ma tornare alla terra può significare anche “verrai posto a riposare nella terra”. Non significa necessariamente o solamente dissolversi nella terra. Un’ambiguità che racchiude la promessa della risurrezione». E Abramo, nel riconoscersi cenere di fronte a Dio, evidenzia allo stesso tempo la modestia dell’uomo e la sua grandezza nel potersi rapportare con il Signore.

Una riflessione portata avanti dal punto di vista cristiano da Spreafico, che ha sottolineato come «la polvere non è inconsistente se è abitata dallo Spirito di Dio». Riprendendo il racconto di Genesi, il vescovo ha sottolineato come il compito affidato ad Adamo sia di coltivare e custodire il creato, «che non è al di fuori di noi. E la custodia del creato ci fa capire che bisogna custodire anche il fratello». La mancanza di tale coscienza «porta alla contrapposizione fino all’eliminazione dell’altro». Ma la nostra fragilità può anche essere forza, «se la poniamo davanti a Dio». E ha citato gli esempi di Mosè e Giona, che tentano in tutti i modi di opporre la loro miseria davanti alla missione che gli viene ordinata. E seguendo questo esempio, ha concluso Spreafico, «è possibile già oggi dare una risposta alla fragilità nella costruzione di un futuro insieme».

Gnavi ha rilevato che per l’iniziativa inaugurata ieri «la scelta della Bibbia ebraica è voluta, perché spesso pensiamo di conoscerla ma non è così. Perciò in questi incontri vogliamo comprendere con più apertura, stupore e disponibilità il Primo Testamento ascoltando la voce autorevole» di chi ha ricevuto dal principio la Parola di Dio. All’incontro hanno partecipato, tra gli altri, il vescovo Riccardo Lamba, ausiliare di Roma Est, il vescovo siro-cattolico Flaviano Rami e la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello.

8 novembre 2022