Bagnasco: «I figli non sono mai un diritto»

Nella prolusione al Consiglio Cei, il cardinale rilancia l’appello del Papa: «La famiglia non è fatto ideologico». Tra i temi, l’Europa e le migrazioni

Nella prolusione al Consiglio permanente Cei, il cardinale rilancia l’appello di Francesco: «La famiglia è fatto antropologico, non ideologico». Tra i temi anche l’Europa e le migrazioni

Si è aperto ieri, lunedì 25 gennaio, il Consiglio permanente della Cei, con la prolusione del cardinale presidente Angelo Bagnasco. Un discorso, il suo, diretto ed equilibrato, sull’onda lunga di quella «sinodalità» che proprio il porporato ha indicato come «il frutto più prezioso» del Convegno ecclesiale svolto a Firenze nel novembre scorso, dal quale arrivano i 4 temi presentati al Consiglio dei vescovi: la missionarietà, la famiglia, la scuola e la cattedra dei poveri. La missionarietà, anzitutto, «slancio che va rinvigorito e ringiovanito»; l’attenzione alla famiglia, «perché le sia conferita la centralità che le spetta sia nella Chiesa sia nella società». Ancora, la scuola, «che deve essere sostenuta e valorizzata», e «non ultima per importanza» la «cattedra dei poveri».

Riportando la preoccupazione dei vescovi per gli effetti della crisi sul territorio, dove non si vedono «ricadute» della ripresa economica, Bagnasco ha scandagliato i segnali di un disagio diffuso: la disoccupazioen giovanile, la «sofferenza» degli adulti che perdono il lavoro, il «disagio psico-relazionale» e l’ansia per «la preoccupazione per il futuro dei figli», e molto altro ancora. «La povertà – ha detto – non deve diventare invisibile agli occhi di nessuno». Quindi ha ricordato le diverse forme di testimonianza della Chiesa: i 6 milioni e 300mila pasti erogati, nel 2014, dalle 353 mense della Caritas a cui bisogna aggiungerne almeno altrettanti, assicurati da parrocchie, Istituti religiosi, associazioni varie; gli oltre 6 milioni e mezzo di pacchi viveri dati dai centri coordinati dalla Caritas; la cinquantina di empori-market solidali; l’azione dell’Alleanza contro la povertà, che promuove tra l’altro il reddito d’inclusione sociale. Tracce di «un bene sommerso che non fa notizia, ma crea rapporti e segna la vicenda umana: va incoraggiato per far crescere il fronte della generosità e del servizio ai poveri e agli indigenti, perché la vita di tante persone richiede risposte concrete e tempestive».

Allo stesso modo, richiede risposte concrete la situazione della famiglia, per la quale il presidente della Cei ha chiesto che «sia tutelata, promossa e sostenuta da politiche veramente incisive e consistenti». Non ha parlato «contro» le unioni civili, il porporato; piuttosto, ha rivendicato il ruolo della famiglia come «Carta costituzionale della Chiesa» e il sogno di un Paese «a dimensione familiare, dove il rispetto per tutti sia stile di vita, e i diritti di ciascuno vengano garantiti su piani diversi secondo giustizia». Nessuno spazio, dunque, per quella «confusione» di cui parlava Francesco, che porta verso l’equiparazione tra matrimonio tra uomo e donna e «ogni altro tipo di unione». Né tantomeno per la “stepchild adoption”, cioè la possibilità di adozione del figlio di uno dei dua partner di una coppia omosessuale, prevista nel ddl Cirinnà sulle unioni civili, che si avvia alla discussione in Senato.

Sul «fronte vitale» della famiglia, ha evidenziato il cardinale, «si è accesa una particolare attenzione e un acceso dibattito». Proprio per questo «è bene ricordare che i Padri costituenti ci hanno consegnato un tesoro preciso, che tutti dobbiamo apprezzare e custodire come il patrimonio più caro e prezioso». Per il cardinale, «punta di diamante», in questo «scrigno di relazioni, di generazioni e di generi, di umanesimo e di grazia», sono i figli. «Il loro vero bene deve prevalere su ogni altro, poiché sono i più deboli ed esposti: non sono mai un diritto, poiché non sono cose da produrre; hanno diritto ad ogni precedenza e rispetto, sicurezza e stabilità. Hanno bisogno di un microcosmo completo nei suoi elementi essenziali».

Nessuna divisione fra i vescovi, ha assicurato Bagnasco, «nel condividere le difficoltà e le prove della famiglia e nel riaffermarne la bellezza, la centralità e l’unicità. Insinuare contrapposizioni e divisioni – ha rilevato – significa non amare né la Chiesa né la famiglia», che è «il fondamento e il centro del testo sociale, come prevede la nostra Costituzione». Per questo, ha ribadito, «ogni Stato assume doveri e oneri verso la famiglia fondata sul matrimonio, perché riconosce in lei non solo il proprio futuro, ma anche la propria stabilità e prosperità: auspichiamo che nella coscienza collettiva mai venga meno l’identità propria e unica di questo istituto che, in quanto “soggetto titolare di diritti inviolabili”, trova la sua legittimazione nella natura umana e non nel riconoscimento dello Stato. Essa non è, quindi, per la società e per lo Stato, bensì la società e lo Stato sono per la famiglia».La famiglia, insomma, «è un fatto antropologico, non ideologico», ha concluso citando ancora Francesco.

Nella prolusione di Bagnasco, spazio anche al tema dell’Europa e all’urgenza di «una nuova politica migratoria, affiché i Paesi dell’Unione non si chiudano, limitando la libera circoalzione e riducendo l’impegno condiviso dell’accoglienza». Europa e Onu, ha ribadito, «devono farsi carico della responsabilità di individuare e consolidare soluzioni che vadano alla radice di situazioni che gettano un’ombra pesante sulla stessa civilta». Non si tratta solo di «segnalare problemi e pericoli» ma di rileggerli «alla luce della situazione demografica, economica, culturale e sociale dell’Europa». Nel corso del 2015, ha ricordato, sono continuati gli arrivi di migranti «in fuga da guerre, disastri ambientali, miseria e persecuzioni politiche e religiose», che si sono riversati in modo particolare sulle coste della Grecia e dell’Italia. La «persistenza» dei «viaggi della disperazione», coì come delle «atrocità» che si continuano a perpetrare contro i cristiani e le altre minoranze religiose ed etniche,non deve provocare «assuefazione» nell’opinione pubblica mondiale.

«Davanti alle tragedie umane che si consumano quotidianamente nella vita di questi fratel i – le parole del cardinale Bagnasco – nessuno può rassegnarsi a una cultura dell’indifferenza». Né tantomeno si può avallare che vi sia «una singolare differenza di reazione emotiva e politica rispetto a morti e vittime, quasi che la loro dignità dipendesse da classi o caste diverse a seconda dei Paesi di provenienza». A oggi, ha informato, sono oltre 27mila i migranti «ospitati nelle nostre strutture, anche in risposta all’appello del Santo Padre dello scorso 6 settembre». In ogni caso, «è necessario superare soluzioni affidate solo alla generosità di singoli e di organismi, favorendo un’accoglienza diffusa».

26 gennaio 2016