Gli americani di Roma in preghiera per le vittime di Parkland

A un mese dalla strage compiuta dal 19enne Nikolas Cruz nella scuola da cui era stato espulso, la veglia nella basilica di Santa Maria in Trastevere promossa dalla Comunità di Sant’Egidio

Il 14 febbraio 2018 a Parkland, in Florida, il diciannovenne Nikolas Cruz entra in una scuola armato di un fucile semiautomatico leggero Ar–15 e di alcune granate fumogene. Era stato espulso poco tempo prima dallo stesso istituto, il Majory Stoneman Douglas High School, per motivi disciplinari, e quel mattino intende vendicarsi, da fanatico delle armi da fuoco, nel più terribile dei modi: poco prima del suono della campanella che sancisce l’orario di uscita, aziona l’allarme antincendio per fare muovere gli studenti verso di lui, in attesa nell’atrio della scuola, e allora dà inizio alla strage. Tutto dura pochi minuti ma il bilancio è pesantissimo: muoiono 17 persone, tra insegnanti e alunni, e 15 sono i feriti. Uno dei casi più gravi di sparatoria scolastica. Cruz, che si è allontanato confondendosi nella folla, viene arrestato un’ora dopo.

Il 14 marzo, a un mese esatto da quella strage, nella basilica di Santa Maria in Trastevere si è svolta una veglia promossa dalla Comunità di Sant’Egidio per ricordare le vittime, e a cui hanno partecipato tanti giovani americani. Una cerimonia suggestiva, voluta proprio da loro, come ha spiegato l’organizzatore dell’evento, Claudio Betti: «I ragazzi intervenuti in chiesa vengono un po’ da tutti gli Stati che fanno parte degli Usa e studiano nelle università americane e cattoliche qui a Roma. Non vogliono dimenticare quello che è successo e hanno desiderato farlo con una veglia. Alcuni erano visibilmente commossi, e hanno pianto sentendo i nomi e l’età delle vittime. Ricordano bene cosa successe quel giorno e non dimenticano soprattutto la storia drammatica, l’eroismo di alcuni fra quelli morti nel massacro». Come il sacrificio di un docente, frappostosi tra l’assassino e la porta di un’aula dove si erano barricati i suoi alunni, e quello di un giovane di origine cinese, anche lui esposto fatalmente ai proiettili per salvare i suoi amici.

«Abbiamo voluto fare delle riflessioni a partire dalla lettura delle Beatitudini in inglese – ha aggiunto poi don Angelo Romano, membro della Comunità di Sant’Egidio e rettore della basilica di San Bartolomeo all’Isola – e per ognuna delle diciassette vittime abbiamo acceso una candela e pregato per loro e per i familiari». Un ragazzo e una ragazza, infatti, accompagnati dalle voci del coro che intonava un Kirie eleison, hanno scandito nome ed età, e uno alla volta gli studenti sono saliti dai banchi sull’altare per un segno pasquale di luce. «Alcuni fra quelli che hanno perso la vita in Florida erano persone che hanno risposto al male con il bene, che è la testimonianza migliore per capire quale sia la strada da seguire. Per questo abbiamo voluto dare in questo tempo di Quaresima un segno della Pasqua e concludere la nostra riflessione con le parole di Martin Luther King, quando disse che rispondere all’odio con l’odio è come scacciare l’oscurità con altra oscurità. E oggi c’è ancora bisogno di luce».

15 marzo 2018