Mosul, il patriarca Sako: «Il 2017 sia l’Anno della pace irachena»

La proposta presentata all’incontro di preghiera ecumenica per la liberazione di Mosul. La speranza di una riconciliazione nazionale

La proposta del primate all’incontro di preghiera ecumenica per la liberazione di Mosul, celebrato in un sobborgo di Erbil. La speranza di una riconciliazione nazionale

Una preghiera ecumenica affollata quella che si è svolta ieri, 25 ottobre, ad Ankawa, sobborgo di Erbil a maggioranza cristiana, per la liberazione di Mosul. Nella chiesa intitolata a Maria Madre del Perpetuo Soccorso, sacerdoti, religiosi, religiose e molti laici. A loro il patriarca caldeo Louis Raphael I Sako ha rivolto la sua proposta «operativa»: il 2017 come «Anno della pace», celebrato dalle Chiese e dalle comunità cristiane presenti in Iraq per favorire la riconciliazione nazionale e salvare il Paese dalle spinte centrifughe che potrebbero continuare a minacciare l’unità nazionale, anche dopo la liberazione di Mosul e della Piana di Ninive dal dominio jihadista.

Nella chiesa di Ankawa erano presenti, tra gli altri, anche il patriarca della Chiesa assira d’Oriente Mar Gewargis III Sliwa, Nicodemus Daoud Matti Sharaf, metropolita siro ortodosso di Mosul, insieme a sacerdoti, religiosi e religiose e rappresentanti politici cristiani. Dopo la preghiera dei salmi e la lettura del Vangelo, Sako ha espresso la speranza condivisa che il processo di liberazione avvenga in tempi brevi, causando il minor numero possibile di perdite umane. Ha espresso gratitudine per tutte le forze impegnate nell’operazione militare, facendo esplicito riferimento sia all’esercito regolare iracheno che alle milizie curde Peshmerga, e citando soldati «cristiani e musulmani, arabi, curdi e turkmeni». Quindi ha manifestato l’intenzione di proclamare il 2017 «Anno della pace in Iraq», dando vita a momenti di  preghiera ecumenica e iniziative ecclesiali condivise per alimentare la «cultura della pace e della convivenza» nel Paese martoriato dai conflitti settari.

Secondo il patriarca, proprio la liberazione di Mosul, che ha unito insieme forze diverse, può diventare l’inizio di un processo di riconciliazione nazionale fondato su prospettive e punti condivisi, per ritrovare stabilità e unità. Per questo ha prefigurato la creazione di un comitato che unisca rappresentanti delle istituzioni politiche, sociali, religiose e culturali, chiamati a ridisegnare insieme il futuro della regione liberata dal Daesh, nel dialogo sia con il governo centrale che con quello della Regione autonoma del Kurdistan iracheno. Urgente, per il primate della Chiesa caldea, tutelare concretamente le istanze dei cristiani fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive, garantendo loro la possibilità di tornare nelle loro case.

Tutta la nazione irachena, secondo il patriarca, nelle sue diverse componenti etnico-religiose, deve «imparare la lezione» e approfittare dell’occasione storica offerta dalla liberazione di Mosul per iniziare a costruire un autentico Stato di diritto, fondato sul principio di cittadinanza e in grado di garantire l’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza discriminazioni basate su diverse appartenenze etniche e religiose.

26 ottobre 2016