De Paolis, ex procuratore militare, e la sua “Caccia ai nazisti”

A San Pio X la presentazione del libro del magistrato, che ha istruito oltre 500 procedimenti giudiziari per crimini di guerra commessi nel secondo conflitto mondiale

Il dolore e lo sdegno per quanto accaduto, il sollievo per avere dimostrato «che quei fatti c’erano stati e che in ordine a quei fatti, che avevano un nome e un cognome, c’erano delle responsabilità». Con la commozione visibile sul volto e nella voce spezzata, Marco De Paolis, il magistrato che ha diretto la Procura militare della Repubblica di La Spezia dal 2002 al 2008 e quella di Roma dal 2010 al 2018, istruendo oltre 500 procedimenti giudiziari per crimini di guerra commessi durante il secondo conflitto mondiale, ha presentato ieri sera, 6 febbraio, il suo libro “Caccia ai nazisti”, nell’auditorium della parrocchia di San Pio X alla Balduina.

Introducendo l’autore, il parroco monsignor Andrea Celli ha definito l’opera edita da Rizzoli «un libro da approfondire e che fa riflettere» anche per «il metodo di lavoro e di indagine efficace e lodevole» del procuratore; soffermandosi poi sulla prefazione della senatrice Liliana Segre, «che evidenzia l’importanza di portare alla luce i fascicoli nascosti per anni nel cosiddetto armadio della vergogna», Celli ha considerato i «due livelli che si sviluppano nel testo: da una parte i fatti oggettivi, dall’altra il percorso interiore dell’autore e la consapevolezza del proprio gravoso incarico, svolto con un alternarsi di stati d’animo» e dimostrando «passione civile oltre che professionale».

Marco De Paolis, san pio x, libro "caccia ai nazisti", 6 febbraio 2024I fatti: nel 1994 durante il procedimento del processo a Erich Priebke, capitano delle SS e responsabile insieme ad altri nazisti dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, negli archivi della Procura generale di Roma vengono rinvenuti centinaia di fascicoli giudiziari relativi alle stragi nazifasciste commesse in Italia e all’estero, illegalmente archiviati nel 1960 dall’allora procuratore generale. A questi fascicoli – relativi, tra gli altri, agli eccidi del 1944 di Marzabotto-Monte Sole, in provincia di Bologna, di Civitella Val di Chiana e di altre località della provincia di Arezzo, di Sant’Anna di Stazzema, vicino Lucca, e del Padule di Fucecchio, tra le province di Pistoia e Firenze – mette mano dal 2002 De Paolis, affermando così «un fondamentale principio di giustizia: il dovere morale e l’obbligo giuridico di perseguire tutti i criminali di guerra e di ricercare e punire tutti i responsabili di inaudita violenza e di atrocità commesse nei confronti di civili e verso inermi prigionieri di guerra», ha spiegato.

Ripercorrendo il proprio operato, il magistrato militare che ha portato alla sbarra i colpevoli pervenendo a 57 condanne all’ergastolo – nessuna delle quali attuata – ha spiegato come «in quei dibattimenti nessuno riusciva a trattenere la commozione» perché ogni rievocazione «era un pugno nello stomaco»; nello stesso tempo, De Paolis ha messo in luce quanto sia stato «essenziale per i familiari delle vittime che qualcuno delle istituzioni, dopo più di 60 anni di attesa, dimostrasse che quei fatti erano accaduti» e che per quei fatti c’erano dei responsabili, anche in merito «all’occultamento dei fascicoli» per cui «mi sembra evidente che ci possa essere stato un collegamento con l’azione dei servizi segreti», ha precisato.

L’ex procuratore militare ha inoltre spiegato come all’inizio di questa particolare esperienza del proprio lavoro sia «stato travolto sul piano personale, per la presa di coscienza dell’esistenza di un mondo parallelo che fino a quel momento avevo ignorato» e per il fatto che «compresi da subito che non avrei fatto archeologia giudiziaria ma che invece c’era una storia vera che implorava giustizia e che era caduta nell’indifferenza più totale, dato che si trattava di fatti per lo più ancora sconosciuti».

san pio x, libro marco de paolis "caccia ai nazisti", 6 febbraio 2024Ripensando ai primi interrogatori condotti a partire dal 2002, De Paolis, che al tempo aveva «solo 40 anni», ha parlato di un approccio «crudo» perché «dovetti rapportarmi con persone per me non normali non solo per quello che avevano commesso ma anche perché lo rivendicavano» attraverso «centinaia di racconti terrificanti di cose che noi fatichiamo anche solo a immaginare e che invece erano realtà». Per questo il magistrato ha chiarito con forza che «ritenevo insolenti le obiezioni che alcuni ponevano per cui era inutile processare quelli che erano dei poveri vecchietti», poiché in realtà si trattava unicamente di «criminali vecchi, cioè invecchiati, che erano riusciti a farla franca».

De Paolis ha voluto dunque sottolineare che «c’era stata in precedenza, e ci fu in generale anche all’inizio degli anni 2000, una sottovalutazione di questo fenomeno perché c’era l’idea che fossero cose del passato» e questo «atteggiamento non consapevole fu un problema all’inizio», specialmente perché «sembrava che tutto quello che si era studiato e in cui si era creduto fosse smentito da fatti, documenti e prove» e «c’era l’amarezza per avere perduto l’occasione di fare vera giustizia» a tempo debito.

7 febbraio 2024