Nella notte di Pasqua battezzati 93 catecumeni

36 italiani, 26 europei, 23 dall’Africa, 2 dall’America del nord, 4 dall’America del Sud, 2 dall’Asia. La storia di Paolo, fuggito dall’inferno di Damasco

Una famiglia siriana fuggita da Damasco e accolta con affetto in un quartiere romano, una donna albanese scampata alla morte in mare tenendo stretta al petto la Bibbia donata da «padre Simoni» (ora cardinale), una nigeriana sorpresa dalla domanda della figlia («Mamma perché non vi battezzate anche tu e papà?»), un’italiana che ha trovato nel Vangelo la «scintilla che accende il suo cuore». Sono alcune delle storie dei 93 catecumeni che durante la veglia pasquale hanno ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana nelle parrocchie della diocesi. Alcuni di loro, anche in San Giovanni in Laterano, nella Messa presieduta dal cardinale De Donatis. Trentasei sono italiani, 26 vengono da altri Paesi europei, 23 dall’Africa, 2 dall’America del Nord, 4 dall’America del Sud, 2 dall’Asia. Tra loro anche Paolo, siriano, fuggito dall’inferno di Damasco con la sua famiglia. Durante la veglia di Pasqua hanno ricevuto il battesimo, la comunione e la cresima nella parrocchia di San Gaspare del Bufalo, all’Arco di Travertino, dove hanno «toccato con mano cosa significhi vivere alla sequela di Gesù».

Il capofamiglia ha deciso che da oggi il suo nome è Paolo perché la sua storia si intreccia a doppio filo con la vita dell’apostolo convertitosi sulla strada di Damasco, sua città di origine. Con la moglie Elena e i figli Marco di 12 anni e Chiara di 4, hanno ricevuto i sacramenti attorniati dall’affetto di un’intera comunità. L’amore gratuito ricevuto da decine di persone quando si sono improvvisamente ritrovati profughi in un Paese straniero li ha portati a interrogarsi, a voler conoscere la radice di quel sentimento e a incontrare «quel Padre che ti ama sempre e che non ti giudica», spiega il parroco di San Gaspare don Domenico D’Alia, missionario del Preziosissimo Sangue, che ha presieduto la veglia. Un Padre che ti sostiene nei momenti più atroci per un genitore come la perdita di un figlio.

Paolo era un noto professionista di Damasco ed è un fiume in piena mentre racconta la sua storia. «Ero benestante ma non conoscevo l’amore – racconta -. Oggi non ho nulla ma ho trovato la vera ricchezza, Dio». Descrive la notte in cui Damasco fu attaccata dalle forze ribelli nel 2012. Erano pronti per fare irruzione in casa sua ma l’esplosione di una bomba che stavano innescando li ha fermati. «La mattina dopo in strada c’erano decine di morti, la città era devastata – prosegue -. Sono corso a prendere mio figlio maggiore che era ospite dai nonni e siamo fuggiti via». Dopo qualche settimana la famiglia è arrivata a Roma, convinta di tornare presto in Siria. «Credevamo che la situazione si sarebbe ristabilita e invece qui la nostra vita è cambiata radicalmente».

L’uomo ripercorre i tanti momenti complessi e dolorosi accentuati dalla lingua straniera e dalla difficoltà di adattarsi in una piccola stanza di un centro di accoglienza, la fatica di trovare un lavoro per permettersi un appartamento in affitto. Traumi che hanno inciso in modo determinante sul figlio all’epoca adolescente. Ma Paolo ed Elena non sono soli, intorno a loro scoprono un «mondo nuovo» fatto di tante persone pronte all’accoglienza. Ricordano in modo particolare i volontari della Caritas. «Eravamo meravigliati da tanto amore gratuito – ricorda Paolo -. Ci hanno accolto come se fossimo fratelli e non ci spiegavamo il perché. Hanno sempre rispettato il nostro essere musulmani, non ci hanno mai apertamente parlato di Gesù. Semplicemente ci amavano».

Il 6 settembre 2015 Papa Francesco lanciò un appello alle parrocchie «ad esprimere la concretezza del Vangelo e ad accogliere una famiglia di profughi». È così che hanno incontrato le comunità di Santa Maria Ausiliatrice e San Gaspare del Bufalo. «Pur sapendo che eravamo musulmani hanno messo a nostra disposizione un appartamento – afferma Paolo -. Ci hanno aiutato in tante faccende e consigliato visite mediche di controllo grazie alle quali abbiamo scoperto in tempo che mia moglie era malata. Continuavamo a chiederci perché tante attenzioni, un cristiano non sarebbe mai stato trattato con tanto amore da un musulmano», confessa. Di qui il desiderio di leggere la Bibbia e i Vangeli.

Determinante è stato un sogno fatto nel 2017 nel quale l’uomo si è ritrovato nella Cappella di Sant’Anania a Damasco, nella quale fu battezzato l’apostolo Paolo. «Quando mi sono svegliato ero confuso. Ho cercato su Google le chiese di Damasco e appena vidi quelle immagini mi senti paralizzato, non credevo ai miei occhi. Non sono mai entrato in quella chiesa che ho sognato nei minimi dettagli». Dopo averne parlato con i sacerdoti e altri parrocchiani, Paolo ha deciso di confidarsi con la moglie e insieme hanno intrapreso il catecumenato, osteggiati fortemente dalle famiglie di origine. «Da quando Gesù è entrato nella nostra relazione anche il nostro rapporto è cambiato», dice. La fede lo ha aiutato quando il figlio più grande è morto tragicamente. «È un dolore che ti consuma – afferma Paolo – ma la certezza di saperlo con il Padre e che lui ora è più sereno ci dà la forza di andare avanti».

Emozionatissima Sandra De Amicis, la catechista che li ha seguiti. In questi mesi ha sperimentato «che è Dio che cambia i cuori e che l’amore per Lui trasforma totalmente la vita». Don Domenico contempla «le opere e i prodigi che il Signore ha fatto nella vita di questa famiglia. Noi siamo stati solo degli strumenti. La mia gioia è vedere gli occhi di Paolo e di Elena: un esempio per tanti cristiani che vanno a Messa la domenica».

23 aprile 2019