Siria, la più grande strage in 5 anni di guerra civile

In una sola giornata, 300 civili uccisi e 400 rapiti a Deir Ezzor, nell’est del Paese. Il nunzio Mario Zenari: «Speriamo e preghiamo»

In una sola giornata, 300 civili uccisi e 400 rapiti a Deir Ezzor, nell’est del Paese. Il nunzio Mario Zenari: «Speriamo e preghiamo. La chiave: la fine della violenza»

Sarebbero «300 i civili, in maggioranza donne, bambini e anziani uccisi sabato 16 gennaio dai miliziani dello Stato islamico vicino a Deir Ezzor», nell’est della Siria. La denuncia arriva dall’agenzia ufficiale siriana Sana, atraverso le testimonianze dei residenti, mentre l’Osservatorio nazionale per i diritti umani aveva parlato di almeno 135 morti, 85 civili e 50 combattenti del regime siriano. In ogni caso, una delle più grandi stragi commesse in un unico giorno in quasi cinque anni di guerra civile in Siria. «Un’altra pagina nera di questa spirale di violenza generata dalla guerra – è il commento del nunzio apostolico nel Paese, monsignor Mario Zenari -. Speriamo e preghiamo».

Durante l’assalto, secondo quanto riferito dal capo dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani Rami Abdel Rahame, i militanti dello Stato islamico avrebbero anche rapito oltre 400 civili, tra cui donne, bambini e famiglie di combattenti del regime siriano, portandoli in altre aree controlalte dal gruppo terroristico. A Raqqa invece, roccaforte dell’Isis, sarebbero stati uccisi durante raid aerei 40 civili, tra cui 8 bambini. La denuncia arriva ancora dall’Osservatorio nazionale per i diritti umani che però non ha fornito dettagli sugli autori del raid.

La strage compiuta dai militanti dello Stato islamico arriva proprio mentre l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Staffan de Mistura, spera di riunire il 25 gennaio a Ginevra, per i colloqui di pace, i rappresentanti del governo e dell’opposizione, come previsto dalla risoluzione approvata dal Consiglio di Sicurezza il 19 dicembre scorso. In quell’occasione, per la prima volta in 5 anni di conflitto, i 15 membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu adottarono una risoluzione politica che prevedeva negoziati fra le parti, il cessate-il-fuoco, la formazione di un governo di transizione e elezioni entro 18 mesi. Già confermata la partecipazione di Assad.

«Il 25 è la prossima settimana», osserva il nunzio a Damasco: «Non so se questa data sia realistica. Speriamo che sia confermata e vedremo se alle parole seguiranno i fatti». Monsignor Zenari riconosce alla comunità internazionale, negli ultimi mesi, «una volontà più decisa di far uscire la Siria dalla crisi», ma non nasconde le difficoltà. «Basta vedere la recente diatriba tra Iran e Arabia Saudita per comprendere quanto la questione sia complicata – osserva -. La rottura delle relazioni diplomatiche non è certo un buon segnale di distensione», tanto più visto che «in Siria gli attori principali sono proprio questi Paesi». Alla comunità internazionale il compito di «tenere duro, nella speranza che si arrivi a una soluzione».

Il rappresentante vaticano auspica «la più ampia partecipazione» ai colloqui di Ginevra, pur rimandendo fermo nella sua convinzione: «Siano i siriani a decidere del loro futuro. Aiutati dalla comunità internazionale, devono essere i siriani a risolvere la crisi». Crisi che porta con sé una situazione umanitaria che «permane catastrofica e si aggrava con il freddo invernale». Paesi come Libano, Giordania e Turchia, rileva il nunzio, «portano il peso della tragedia dei milioni di profughi e rifugiati. La comunità internazionale deve aiutare queste nazioni. Pensiamo al Libano che ha un milione e oltre di rifugiati su una popolazione di 4 milioni. Lo stesso vale per la Giordania. Aiutarli è necessario. In Giordania il numero sta salendo per i bombardamenti in alcune zone del sud della Siria».

Per monsignor Zenari la soluzione alla crisi passa attraverso la soluzione all’emergenza umanitaria. «La chiave di tutto – afferma – è la cessazione della violenza e del conflitto. Un cessate il fuoco e poi una soluzione politica negoziata. Solo a queste condizioni si può sperare che la gente faccia ritorno alle proprie case. Le sofferenze del popolo sono enormi. È urgente un cessate-il-fuoco su tutto il territorio siriano per cominciare il dialogo politico».

19 gennazio 2016