A Trastevere la prima Messa del cardinale Zuppi: «La Chiesa, casa dove ciò che è mio è tuo»

La celebrazione la sera stessa del Concistoro, in una piazza Santa Maria in Trastevere gremita di fedeli e amici di Sant'Egidio. Il dono del pastorale fatto col legno delle case distrutte dal ciclone Idai a Biera, in Mozambico

Comincia a scorrere la pellicola e nella piazza gremita cala subito il silenzio. Sullo schermo una carrellata di immagini che ripercorrono i momenti più significativi della vita di don Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, già vescovo ausiliare a Roma, creato cardinale da Papa Francesco poche ore prima: dall’incontro con la Comunità di Sant’Egidio al ruolo ricoperto 27 anni fa nelle trattative di pace in Mozambico, dal ministero di parroco a Santa Maria in Trastevere e a Torre Angela all’ordinazione episcopale, fino ad arrivare alla nomina cardinalizia nel Concistoro di sabato 5 ottobre. È questo l’omaggio dei tanti fedeli e amici di Sant’Egidio (tra i presenti il fondatore Andrea Riccardi e il presidente Marco Impagliazzo) che si sono riuniti in piazza Santa Maria in Trastevere quella stessa sera per la sua prima Messa da cardinale. «Mi sono sempre piaciute le feste e  Dio, che è il più grande organizzatore di feste, vuole che siano per tutti e che non finiscano mai – le prime parole del porporato -. Ognuno di noi ha un motivo questa sera per essere contento, per quel legame che ci unisce tutti che in realtà è un sacramento di Dio: l’amicizia». Ed è proprio in nome di questo reciproco sentimento che all’inizio della celebrazione il cardinale Zuppi  ha ricevuto in dono da monsignor Vincenzo Paglia, suo predecessore come parroco di Santa Maria in Trastevere, il pastorale fatto con il legno delle case distrutte della città di Beira in Mozambico, colpita dal ciclone Idai lo scorso marzo.

(foto: Comunità di Sant’Egidio)
(foto: Comunità di Sant’Egidio)
(foto: Comunità di Sant’Egidio)
(foto: Comunità di Sant’Egidio)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tante le lacrime di gioia, gli applausi, ma soprattutto i sorrisi stampati sul volto di quanti sabato sera hanno voluto far sentire la propria vicinanza a quel prete “di strada” che non ha mai smesso di camminare tra la gente e a cui è stato assegnato dal pontefice il titolo della chiesa di Sant’Egidio. La «comunione» è stato il filo rosso che ha attraversato l’intensa omelia del neo cardinale: «Sento questa celebrazione come festa di comunione perché la Chiesa ho imparato ad amarla come una casa dove tutto ciò che mio è tuo – ha detto il porporato -. Vivere  il Vangelo significa, perciò, sentirsi una famiglia dove ciascuno impara a pensarsi come una cosa sola». Una sintonia con l’altro che è possibile raggiungere solo grazie alla comunione, la quale  «ci fa  trovare nel fratello ciò che è unico, valorizzandolo e facendolo crescere», ha sottolineato Zuppi.  Ecco, quindi, l’invito del cardinale a «non farci intimidire dal male che vuole spegnere l’amore e farci credere che donare sia perdere, mettendo così in contraddizione il personale star bene con la costruzione della famiglia di Dio». Infine, una considerazione sulla porpora: «Quando è fine a se stessa diventa come le vesti dei farisei o l’esibizione stolta di chi si crede ricco», ha spiegato il cardinale, ricordando che «la porpora, invece, ci deve avvicinare alle tante sofferenze di donne e uomini crocifissi e umiliati dalla forza del mondo folle che non sa amare la fragilità». Uno sguardo, il suo, rivolto non solo agli ultimi, ma anche al mondo e alle sue sfide.

(foto: Comunità di Sant’Egidio)
(foto: Comunità di Sant’Egidio)

 

 

 

 

 

«La fedeltà al Vangelo e la sua grande simpatia sono maturati con il tempo nell’umiltà di un servizio che non ha mai avuto paura di piegarsi sulle ferite incontrate», commenta monsignor Marco Gnavi, parroco di Santa Maria in Trastevere.  E a condividere questa riflessione è anche Roberto Zuccolini, portavoce della Comunità di Sant’Egidio, legato a don Matteo fin dagli anni giovanili: «Oggi con il cardinalato la sua empatia, che è frutto di esercizio alla luce del Vangelo, è al servizio di tutti». Un respiro universale e un grande spirito di accoglienza caratterizzano la vita del cardinale Zuppi, da sempre pronto a dare sostegno a chi ha più bisogno. «Possono passare degli anni, ma lui ricorda il nome di tutti, non dimentica nessuno», racconta Zsuzsa della Comunità di Sant’Egidio di Budapest. Una profonda umanità, che il neo porporato ha mostrato anche al termine della Messa, quando è sceso in piazza a salutare e ad abbracciare quanti hanno imparato a conoscerlo semplicemente come “don Matteo”.

7 ottobre 2019