Morricone ricorda Petrassi: «Non trascurare la “musica assoluta”»

Il compositore romano, al Festival di Nuova Consonanza, ha ricordando il suo maestro: «Ho cercato di recuperare il “tempo perduto”»

Il compositore romano si commuove ricordando il suo maestro: «Ho cercato di recuperare il “tempo perduto”» 

Esterno giorno: 8 amici in un bosco. Darmstadt, Germania. Ognuno ha il compito di riprodurre, a voce, un suono diverso. Appena lo fanno, gli uccelli si alzano in volo, spaventati dalle dissonanze, da quegli strani “rumori musicali”. Ha la vividezza di una sceneggiatura ben scritta il racconto di Ennio Morricone. Questa volta però non parla delle musiche che lo hanno reso famoso in tutto il mondo, quelle che per tutta una vita è riuscito a “liberare” dalle righe di una sceneggiatura.

All’appuntamento “Maestri di Maestri”, che il 53mo Festival di Nuova Consonanza gli ha dedicato al Macro di via Nizza il 6 dicembre, Morricone parla della «musica assoluta», quella che ha imparato da Goffredo Petrassi, uno dei grandi compositori contemporanei, maestro di sperimentazione. Una volta, racconta Morricone, «passeggiando per via Frattina lo incontrai casualmente». Gli occhi del maestro si perdono nel vuoto, come per cercare quei momenti così lontani, per le vie di una Roma ancora capace di essere all’avanguardia nella sperimentazione musicale.

«Non potrò mai dimenticare ciò che mi disse». Fu un rimprovero, «mi accusò di aver messo da parte la “musica alta”». Ai tempi Morricone era impegnato come compositore alla Rai: «Lo facevo quasi di nascosto, era un’attività che mi permetteva di vivere, di pagare le bollette; con la “musica assoluta” si faceva la fame». Si emoziona il maestro, ricordando Petrassi e quel suo appunto: «Ogni volta che penso a quell’episodio i rimorsi invadono la mia coscienza – dice commuovendosi –. Ma da quel momento ho cercato di non lasciare troppe cose indietro». Oltre alle bellissime musiche da film, Morricone, nella sua prolifica vita da compositore, ha scritto più di cento lavori: «Ho provato a recuperare quel “tempo perduto” di cui mi accusò Petrassi».

Erano gli anni della sperimentazione, delle dissonanze. Quell’esperimento musicale nel bosco di Darmstadt, ideato e “diretto” da Morricone, spinse uno di quegli otto amici «a osare cose nuove: fare musica da compositori, senza scriverla». Fu Franco Evangelisti a fondare l’Associazione Nuova Consonanza e l’omonimo Gruppo (Ginc) che permise di mettere in pratica le prime teorie italiane sull’improvvisazione. Morricone entrò nell’ensemble nel 1966, anno del primo album del “Ginc”. Suonava la tromba: «Era una cosa molto seria, mettevamo tanto amore e impegno nella ricerca. Facevamo mesi di improvvisazione, poi ci registravamo e ogni sera sentivamo il nostro lavoro per migliorarlo, sperimentando nuove strade».

Nonostante componesse “musica alta”
, come la chiama Morricone, il Ginc fu chiamato dal regista Elio Petri per curare la colonna sonora di un film: “Un tranquillo posto di campagna”, con Franco Nero e Vanessa Redgrave. Fu «improvvisazione pura», un esperimento unico che ha fatto la storia del cinema. La “musica alta” era diventa musica per film. «Questa lunga esplorazione – spiega Morricone nell’autobiografia “Inseguendo quel suono. La mia musica, la mia vita” -, questa lunga riflessione a questo punto della mia vita è stata importante e persino necessaria. Entrare in contatto con i ricordi non significa solamente malinconia di qualcosa che sfugge via come il tempo, ma anche guardare avanti, capire che ci sono ancora, e chissà quanto ancora può succedere».

Al termine dell’incontro tra Morricone e il pubblico del Festival, Gilda Buttà e Luca Pincini – per i quali il 2 volte premio Oscar ha scritto diverse musiche -, insieme al Coro Goffredo Petrassi e all’Ensamble Roma Sinfonietta, hanno eseguito alcuni pezzi della produzione del maestro romano a partire dagli anni ’70, fra cui “Tre scioperi” su sonetti di Pier Paolo Pasolini e “Se questo è un uomo” per soprano, voce recitante, violino solista e archi su testo di Primo Levi. Il concerto è stato aperto dalla rara esecuzione di “Tre cori sacri” di Goffredo Petrassi.

 

7 dicembre 2016