Registro delle unioni civili: un bluff idelogico

Il Campidoglio ha deciso di discriminare consapevolmente la famiglia. Una tappa simbolica di un percorso che apre inquietanti orizzonti a danno dei figli

Il Campidoglio ha deciso di discriminare consapevolmente la famiglia. Una tappa simbolica di un percorso anti-famiglia che apre inquietanti orizzonti a danno dei figli

La finta priorità della politica romana è stata messa all’ordine del giorno, discussa e votata: l’esito era scontato. Il registro delle unioni civili a Roma ora c’è, anche se servirà a ben poco. Il sindaco Marino, orgoglioso di aver partecipato al voto che equipara le unioni civili (anche tra persone dello stesso sesso) al matrimonio, e tutti i consiglieri che l’hanno approvato lo sanno bene. Ma per loro quello che conta è mandare un segnale alla politica nazionale. Come se la politica dovesse essere fatta di segnali. Certo, sappiamo che è così, purtroppo.

A noi, però, piace pensare che possa e debba essere ancora sostanza, che guardi al bene comune e non a interessi di parte; piace pensare che vada incontro alle reali esigenze dei cittadini (basti vedere il fallimento dei registri istituiti in alcuni Municipi romani per capire che in questo caso non è così); piace pensare che tratti in modo uguale situazioni uguali e non quelle differenti, come sono le unioni civili e il matrimonio.

Per questo – nel rispetto delle posizioni e orientamenti di ciascuno – non si può tacere il bluff della delibera approvata ieri in Campidoglio: si ignorano le sentenze della Consulta che nega la possibilità di equiparare al matrimonio un’eventuale disciplina di diritti e doveri di coppie omosessuali, si vuole parlare al Governo e al Parlamento con un atto privo di rilevanza giuridica (alcuni diritti sono già previsti negli ambiti di competenza comunale), si privilegia la finzione rispetto alla realtà. Come nel caso della concessione dei locali del Campidoglio adibiti alle celebrazioni dei matrimoni civili per uno “pseudo-matrimonio” che suggelli l’iscrizione al registro. È poi singolare ascoltare frasi come “da oggi l’amore è uguale per tutti”, quasi che l’amore si potesse regolare con una legge o con una delibera.

Da ieri il Campidoglio, assolutizzando il riconoscimento dei diritti individuali, ha deciso di «tutelare e sostenere le unioni civili» (alle quali non sono chiesti doveri e obblighi) e quindi di discriminare consapevolmente la famiglia, «società naturale fondata sul matrimonio», come recita la Costituzione. Con una tappa altamente simbolica di un percorso anti-famiglia già segnato da vari passi, dall’abolizione dell’esenzione per la quota dell’asilo nido del terzo figlio (seguita dallo stop del Tar) ai progetti educativi nelle scuole ispirati al “gender”.

Il percorso del Campidoglio minato dall’ideologia ha raggiunto il suo apice: segno di un pericoloso scollamento con la realtà, in particolare quando ci si spinge a parlare di uguaglianza (con il pretesto di non discriminare) tra matrimoni di coppie eterosessuali e pseudo-matrimoni gay. Scenario che apre inquietanti orizzonti a danno dei figli, i soggetti più deboli. Ed è irresponsabile non guardare oltre i fogli di un registro.

29 gennaio 2015